“Sono ancora vivo, ho 33 centimetri di intestino in meno ma posso mangiare tutto”. Papa Francesco, con un pizzico di ironia, rassicura tutti sulle sue condizioni di salute in una intervista rilasciata a Carlos Herrera di Cadena Cope, la prima a una radio spagnola e la prima dopo l’intervento chirurgico dello scorso luglio. Quasi un’ora e mezza di colloquio, a casa S. Marta, sotto un quadro della venerata Madonna che Scioglie i nodi, in cui il S. Padre ha toccato tantissimi temi: dall’Afghanistan alla Cina, dall’eutanasia all’aborto, dal processo per corruzione in Vaticano alla riforma della Curia fino alla questione catalana e a quella ambientale. Ribadendo che alle dimissioni non ha mai pensato. “Non mi è mai passato per la testa, non so da dove abbiano preso l’idea che mi sarei dimesso”.
Il Papa ha anche ricordato l’infermiere del servizio sanitario della Santa Sede che gli ha salvato la vita, spingendolo a operarsi: “Un uomo con oltre 30 anni esperienza (…) Mi ha salvato la vita! Mi ha detto: ‘Deve fare un’operazione’” mentre altri volevano che si curasse con antibiotici. Riferendosi ai “boatos” sulle sue dimissioni, ha spiegato di averlo saputo in ritardo, perché “leggo solo un giornale al mattino, il quotidiano di Roma. Lo leggo perché mi piace il modo in cui ha un titolo, lo leggo velocemente e basta, non mi faccio coinvolgere dal gioco. Non guardo la televisione. E ricevo, sì, più o meno il resoconto delle notizie del giorno, ma ho scoperto molto più tardi, qualche giorno dopo, che c’era qualcosa sulle mie dimissioni. Ogni volta che un Papa è malato c’è sempre una brezza o un uragano di Conclave”.
Non guardo la tv
Quanto alla tv, il Papa ha raccontato nella seconda parte dell’intervista, dedicata a temi più personali, di aver fatto la promessa di non guardarla il 16 luglio del 1990. La sera precedente con altri confratelli gesuiti aveva visto una trasmissione “sgradevole” e ha capito che il Signore gli chiedeva questo. Certamente guarda cose di rilevanza ma non, ad esempio “la Coppa America: per nulla”.
L’Afghanistan
Sull’Afghanistan, Francesco ha parlato di “situazione difficile”, ed ha elogiato il lavoro della Segreteria di Stato: “Il cardinale Parolin è il miglior diplomatico che abbia mai conosciuto” Dal punto di vista ecclesiale, “ho chiesto quello che sempre chiede la Chiesa in momenti di crisi: preghiera e penitenza”. Ha quindi citato la cancelliera tedesca Angela Merkel, “una delle grandi figure della politica mondiale”, nel suo intervento del 20 agosto scorso a Mosca: “È necessario porre fine alla politica irresponsabile di intervenire dall’esterno e costruire la democrazia in altri Paesi. Lapidario ma ho sentito un senso di saggezza di fronte alle parole di questa donna” ha detto. Quanto al ritiro degli Stati Uniti, il Papa lo ha definito “lecito” ma ha criticato le modalità: “Per quanto si vede, non tutte le eventualità sono state prese in considerazione, non voglio giudicare. Certamente c’è stato molto inganno forse da parte delle nuove autorità. Inganno o molta ingenuità, non so”.
Il processo per corruzione
Altro tema rovente, il processo per corruzione in Vaticano che coinvolge il cardinale Becciu. “È una cosa che parte da lontano – ha detto il Papa citando ad esempio Marcinkus – Sono stati fatti progressi nella riforma della giustizia nello Stato Vaticano” resa “più indipendente, con i mezzi tecnici, anche con le testimonianze registrate, le cose tecniche attuali, le nomine di nuovi giudici, nuovi procuratori…”. Per il caso specifico, il Papa ha ricordato che “tutto è iniziato con le denunce di due persone che lavorano in Vaticano e che hanno visto irregolarità nel loro lavoro (…) non ho paura della trasparenza né della verità. A volte fa molto male, ma la verità è ciò che ci rende liberi”.
Quanto a Becciu, “desidero con tutto il cuore che sia innocente. È stato un mio collaboratore e mi ha aiutato molto. È una persona di cui ho una certa stima come persona, quindi, il mio augurio è che ne esca bene. Ma è una forma affettiva della presunzione d’innocenza… Oltre alla presunzione di innocenza, voglio che ne esca bene. Ora tocca ai tribunali decidere”.
Traditionis Custodes
Il Papa ha poi spiegato come è giunto al motu proprio Traditionis Custodes: “La storia è lunga. Quando Benedetto XVI ha reso possibile celebrare con il messale di Giovanni XXIII (precedente a quello di Paolo VI, che è post-conciliare) per coloro che non si sentivano a loro agio con la liturgia attuale, che avevano una certa nostalgia… mi è sembrata una delle azioni pastorali più belle e umane di Benedetto XVI, che è un uomo di squisita umanità. E così iniziò. Questa era la ragione”. Dopo un’ampia consultazione, “la preoccupazione che più appariva era che qualcosa fatto per aiutare pastoralmente coloro che hanno vissuto un’esperienza precedente, si trasformasse in un’ideologia”.
Il Papa ha citato il caso di sacerdoti giovani che non conoscevano nemmeno il latino. “In altre parole, una cosa pastorale si era trasformata in un’ideologia. Quindi abbiamo dovuto reagire con regole chiare. Abbiamo lavorato molto con gente tradizionalista di buon senso… Se si legge bene la lettera e si legge bene il decreto, si vedrà che si tratta semplicemente di un riordino costruttivo, con cura pastorale, non solo della liturgia, ed evitando gli eccessi”.
La riforma della Curia
Il Papa ha poi assicurato che “la riforma della Curia sta andando avanti passo dopo passo e bene”. In estate stava per finire di leggere e firmare la nuova costituzione apostolica “Praedicate Evangelium”, ma la pubblicazione è stata ritardata “a causa della mia malattia”. Il documento, comunque, spiega il Pontefice, “non conterrà nulla di nuovo rispetto a quello che si vede ora”, giusto qualche accorpamento di Dicasteri, come l’Educazione cattolica con il Pontificio Consiglio per la Cultura e il Dicastero della Nuova evangelizzazione con Propaganda Fide. “Piccoli aggiustamenti” ha spiegato il Papa che ha ribadito come le riforme messe in moto non sono altro che le indicazioni emerse dai cardinali nelle riunioni preconclave: “non c’è nulla che mi sono inventato”.
La lotta alla pedofilia: “È demoniaca”
Altro fronte su cui il S. Padre è molto impegnato è quello della lotta alla pedofilia. Qui ha reso omaggio al cardinale O’Malley che ha “affrontato questo tema con coraggio”. Il Papa ha ricordato i passi fatti rispondendo a chi, dopo il summit di vescovi in Vaticano, lo aveva accusato di aver generalizzato (è un problema di tutti), di aver dato la colpa al diavolo e di essersene lavato le mani. “È demoniaco, certe cose non si spiegano se non con la presenza del demonio” ha ribadito il Papa lanciando poi un appello ai governi: “A volte mi chiedo come certi governi permettano la produzione di pornografia pedofila. Che non dicano che non lo sanno. Oggi, con i servizi segreti, si sa tutto. Un governo sa chi nel suo Paese produce pornografia pedofila. Per me questa è una delle cose più mostruose che abbia mai visto”.
Il dialogo con la Cina e Casaroli
Francesco ha parlato anche di ambiente, confermando che se la salute glielo consentirà si recherà a Glasgow per il Cop 26 a novembre, poi il colloquio si è spostato sulla Cina. “Non è facile, ma sono convinto che non dobbiamo rinunciare al dialogo. Si può essere ingannati nel dialogo, si possono fare errori, tutto questo… ma è la via da seguire. Ciò che è stato raggiunto finora in Cina è stato almeno il dialogo… alcune cose concrete come la nomina di nuovi vescovi, lentamente… Ma questi sono anche passi che possono essere discutibili e i risultati da una parte o dall’altra”. Quindi ha fatto riferimento al cardinale Agostino Casaroli, a lungo segretario di Stato di Giovanni Paolo II. Il Pontefice ha citato “un libro molto bello”, Il martirio della pazienza, in cui il porporato racconta le sue esperienze nei Paesi comunisti: “È stato un piccolo passo dopo l’altro, per costruire ponti… Lentamente, lentamente, lentamente. Oggi, in qualche modo, dobbiamo seguire passo dopo passo quei percorsi di dialogo nelle situazioni più conflittuali. Con l’Islam l’esperienza è stata molto positiva”.
Cultura dello scarto
L’attenzione si è poi spostata sulla Spagna, per affrontare i temi dell’eutanasia e dell’indipendentismo catalano. “L’eutanasia è segno della cultura dello scarto. I vecchi danno fastidio. Anche i malati più terminali; anche i bambini indesiderati, e vengono rispediti al mittente prima di nascere” ha detto con chiarezza il Papa, puntando l’indice contro la “cultura europea” e sul suo inverno demografico. “In Italia l’età media è di 47 anni, in Spagna credo superiore. La piramide si è invertita… La cultura demografica è in perdita perché guarda al profitto. A volte usando la compassione! Quello che la Chiesa chiede è di aiutare le persone a morire con dignità, l’ha sempre fatto”. E poi di nuovo si è pronunciato contro l’aborto: “Tutti i manuali di embriologia dicono che a tre settimane, prima ancora che la madre si accorga di aspettare un figlio, è già tutto definito. Quella è vita umana. E di fronte a una vita umana, mi pongo due domande: è lecito eliminare una vita umana per risolvere un problema? È giusto assumere un sicario per risolvere un problema?”.
Catalogna: fuggire dalle ideologie
Poi la Catalogna, e in questo caso il Papa ha ribadito la necessità del dialogo: “Bisogna guardare la storia e nella storia ci sono stati casi di indipendenza. Ci sono Paesi d’Europa che ancora oggi sono in un processo di indipendenza, guardi il Kosovo… sono fatti storici caratterizzati da una serie di particolarità. Nel caso della Spagna sono gli spagnoli che devono giudicare. Però per me la cosa essenziale in questo momento, in qualunque Paese che ha questo tipo di problema, è chiedersi se ci si è riconciliati con la propria storia. Non so se la Spagna si è totalmente riconciliata con la sua storia, soprattutto la storia del secolo scorso. E se non è così, penso che debba fare un passo verso la riconciliazione con la propria storia. Non vuol dire rinunciare alla propria posizione ma entrare in un processo di dialogo e di riconciliazione.
E soprattutto fuggire dalle ideologie che impediscono qualsiasi processo di riconciliazione. Inoltre, le ideologie distruggono. Unità nazionale è un’espressione affascinante, è vero, però non avrà mai alcun valore senza la riconciliazione basilare dei popoli. Penso che qualsiasi governo, di qualunque colore sia, debba tenerlo presente, vedere come portare avanti la storia come fratelli e non come nemici, o almeno, con questo inconscio disonesto che mi fa giudicare l’altro come nemico storico”.
Infine, il Papa ha accennato al tema migratorio e a come consideri “una sfida l’unità dell’Europa. O si ripensa o si disintegra. Non possiamo tornare indietro”. Le ultime domande sono state riservate a temi più personali: la famiglia, il calcio, la nostalgia dell’Argentina: “Mi manca camminare da una parrocchia all’altra o l’autunno di Buenos Aires, con una nebbia fitta che non si vedeva da qui a lì e si ascoltava Piazzolla. Ma non è nostalgia nel senso melanconico”. Infine, come vorrebbe essere ricordato? “Come un peccatore che cerca di fare il bene” ha concluso il Papa.