Cristo Re: un paradosso divino nei tempi contemporanei

La regalità di Cristo: potere divino e fragilità nei tempi moderni

Pexels . Franck Denis

L’anno liturgico culmina con la celebrazione della domenica di Cristo Re, titolo che, ai nostri giorni, può suonare ironico. Intorno a noi vediamo come Cristo viene molestato, espulso e non riconosciuto. Negli scantinati commerciali del mio quartiere ci sono vari manifesti che annunciano eventi, tra cui uno che menziona un concerto di un gruppo chiamato “Non Serium”. Questa espressione contiene un evidente errore dovuto all’ignoranza del latino, poiché dovrebbe essere “Non Serviam” (non servirò). Questo grido di rifiuto risuona ovunque: Cristo è scacciato, Cristo non regna.

Questa situazione si riflette nella scena evangelica che leggiamo questa domenica, dove Cristo si presenta a Pilato per essere giudicato e condannato a morte. Pilato gli chiede: “Sei tu il re dei Giudei?” Una domanda assurda, visto che Gesù è detenuto, umiliato e accusato. Gesù però risponde: “Tu lo dici, io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo”. La Chiesa confessa solennemente che Gesù Cristo è il re dell’universo, anche se apparentemente è un re spodestato.

La potenza di Dio è singolare. Possiamo facilmente comprendere la causalità efficiente, la potenza fisica, come un martello pneumatico che perfora una roccia o un padre che porta il suo bambino appena nato nella culla. Esiste un potere più alto: il potere della vita, quando la temperatura e la luce solare interagiscono con il seme e lo fanno germogliare e portare frutto. Questo potere è superiore al potere puramente fisico. Ma c’è un gradino ancora più alto: il potere spirituale, quando un padre, una madre o un insegnante insegna e spiega qualcosa a un bambino o uno studente, creando un clima di libertà affinché emerga la comprensione.

Tuttavia, il potere più alto è la causalità dell’amore. Quando un padre o una madre amano il proprio figlio, nasce in loro una libertà che prima non esisteva. L’amore crea libertà, energia e autostima che trasformano la persona. Questa è la potenza di Dio: ama smisuratamente l’uomo, fino all’ultima goccia del suo sangue. Cristo sulla croce mostra fino a che punto Dio ci ama più di se stesso. Quando lo contempliamo, sorgono in noi la gioia, l’autostima e la risposta al desiderio di amore infinito ed eterno che esiste nel nostro cuore, portandoci ad abbandonarci completamente a Lui.

Ma questa potenza di Dio, questa regalità, ha anche una sua controparte: la sua debolezza e fragilità. L’amore è sempre delicato, vulnerabile e rifiutabile. È un’offerta che può essere facilmente rifiutata in una cultura materialista e sensuale. Basta guardare le statistiche dei fallimenti dell’amore coniugale oggi per rendersi conto che questi sono tempi brutti per l’amore e, quindi, anche per l’amore di Dio.

I due volti della festa di Cristo Re sono: un potere capace di realizzare la consegna totale dell’uomo a Dio, e un potere facilmente rifiutato, fragile e vulnerabile. Anni fa Papa Leone XI consacrò la Chiesa e il mondo al Sacro Cuore di Gesù. Da allora, abbiamo visto sia progressi che ombre. Ci sono stati progressi tecnologici e scientifici, ma è stato anche un periodo di grande violenza, guerre, genocidi, attacchi e pandemie. La secolarizzazione è avanzata come mai prima d’ora e la nostra civiltà è diventata in gran parte atea o agnostica.


Ogni anno queste due festività, Cristo Re e la consacrazione al Sacro Cuore di Gesù, si uniscono. Il Papa ha stabilito che nella Solennità di Cristo Re si rinnovi la consacrazione del mondo al Sacro Cuore di Gesù. Anche San Josemaría consacrò l’Opera al Sacro Cuore per tre ragioni fondamentali: la contraddizione del bene, le difficoltà economiche e la pace delle coscienze in piena Guerra Fredda.

Oggi, mentre riflettiamo su questi eventi, possiamo comprendere meglio la teologia della storia attraverso gli occhi di Dio. La storia della salvezza si svolge nel cuore delle persone, non negli eventi o nelle istituzioni. Gesù Cristo ha annunciato la venuta del Regno di Dio nel cuore di ogni uomo, mostrando il volto di Dio dalla croce.

La storia è reale, non è una semplice successione di tempi o un dispiegamento automatico di forze. Il futuro non è scritto, dipende dalla nostra libertà. Non ci sarà uno stato definitivo delle cose buone in questo mondo. La parabola del grano e della zizzania ci ricorda che vivremo sempre tra il bene e il male, tra progresso e ritorno, tra peccato e prova.

La storia della salvezza non si riferisce solo al cielo, ma anche alla terra. L’azione di Dio si manifesta sotto forma di pienezza, salvezza, guarigione e felicità. La felicità del cielo è riservata a coloro che sanno essere felici sulla terra. Così, la vera storia della salvezza avviene nel nostro cuore, è in costante processo e si manifesta nella pienezza della salvezza e della felicità.

In conclusione, la festa di Cristo Re ci invita a riconoscere l’unica potenza di Dio, una potenza che trasforma a partire dall’amore e dalla libertà, nonostante la sua fragilità e vulnerabilità. Ci chiama a consacrarci completamente a Lui, confidando nel suo amore infinito ed eterno.