Catechisti al servizio dell’evangelizzazione

Presentato da mons. Fisichella il motu proprio del Papa che istituisce il nuovo ministero

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Mons. Tebartz-van Elst (a sinistra) e mons. Fisichella © Deborah Castellano/Exaudi

Un ministero antico, quello dei catechisti, che ora assume un ruolo rinnovato al servizio della evangelizzazione. La lettera apostolica in forma di motu proprio con cui il S. Padre ha istituito il ministero di catechista è stata presentata dal presidente del Pontificio consiglio per la promozione della Nuova evangelizzazione, mons. Rino Fisichella e da mons. Franz-Peter Tebartz-van Elst, delegato per la Catechesi dello stesso Consiglio. Un documento “disponibile anche nella lingua dei segni LIS, grazie al contributo fornito dalla Conferenza episcopale italiana”.

L’arcivescovo ha invece lamentato che nei giorni scorsi “soprattutto in America Latina sono state inviate traduzioni che non corrispondono a quella ufficiale”. Ha perciò stigmatizzato “la fretta di pubblicare documenti senza rispettare l’embargo” che “crea sempre grossi problemi e disorientamento nella ricezione esatta di quello che è l’insegnamento del S. Padre. Solo da oggi sono a disposizione le vere e autentiche traduzioni” del motu proprio.

Sulla via del rinnovamento

“Dopo la pubblicazione del Direttorio per la catechesi lo scorso 23 marzo 2020, un ulteriore passo per il rinnovamento della catechesi e la sua efficace opera nella nuova evangelizzazione è costituito dall’istituzione di questo specifico ministero laicale a cui sono chiamati uomini e donne presenti in tutta la Chiesa che con la loro dedizione rendono evidente la bellezza della trasmissione della fede” ha detto Fisichella.

Il Papa ha firmato la lettera apostolica il 10 maggio, nella memoria liturgica di San Juan de Ávila, dottore della Chiesa, “fine teologo, e per questo grande catechista”. Il santo spagnolo nel 1554 realizzò “il catechismo diviso in quattro parti, La Dottrina cristiana, con un linguaggio talmente semplice e accessibile a tutti da poter essere cantato come una cantilena, e appreso a memoria come una filastrocca utile per ogni circostanza della vita”.

Il desiderio di Paolo VI

“È indiscusso che questa Lettera Apostolica Antiquum ministerium segna una grande novità con la quale si evince facilmente come Papa Francesco porti a compimento un desiderio di Paolo VI” espresso nel 1975 nell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, che permette di identificare “il contesto ecclesiale all’interno del quale va inserito questo nuovo ministero, considerando nello stesso tempo la dinamica con cui esso si sviluppa. Solo nell’unità tra un’attenzione profonda alle nostre radici e uno sguardo realista al presente è possibile comprendere l’esigenza della Chiesa di giungere all’istituzione di un nuovo ministero ecclesiale.

Sono dovuti passare quasi 50 anni perché la Chiesa arrivasse a riconoscere che il servizio reso da tanti uomini e donne con il loro impegno catechistico costituisce realmente un ministero peculiare per la crescita della comunità cristiana – ha detto Fisichella – La catechesi ha sempre accompagnato l’impegno evangelizzatore della Chiesa e si è resa ancora più necessaria quando era destinata a quanti si preparavano per ricevere il battesimo, i catecumeni. Questa attività era considerata di primaria importanza a tal punto da portare la comunità cristiana a stabilire perfino la condivisione dei beni e il sostentamento dei catechisti. Con l’istituzione di questo ministero di catechista, Papa Francesco promuove ulteriormente la formazione e l’impegno del laicato cattolico”.

Il rischio della clericalizzazione

Un ministero “istituzionale”, tuttavia, si presta sempre al rischio di una possibile clericalizzazione. Ne è ben consapevole il Papa che avverte: “Ricevere un ministero laicale come quello di Catechista imprime un’accentuazione maggiore all’impegno missionario tipico di ciascun battezzato che si deve svolgere comunque in forma pienamente secolare senza cadere in alcuna espressione di clericalizzazione”.


Qui “si gioca molto della novità portata con questo ministero – ha chiarito Fisichella – Uomini e donne sono chiamati a esprimere al meglio la loro vocazione battesimale, non come sostituti dei presbiteri o delle persone consacrate, ma come autentici laici e laiche che nella peculiarità del loro ministero permettono di far esperire fin dove giunge la chiamata battesimale di testimonianza e servizio efficace nella comunità e nel mondo”.

Vocazione secolare

“È indubbio che l’istituzione di questo ministero, unitamente a quello dell’accolitato e del lettorato, permetterà di avere un laicato maggiormente formato e preparato nella trasmissione della fede. Non ci si improvvisa catechisti, perché l’impegno di trasmettere la fede, oltre alla conoscenza dei contenuti, richiede il prioritario incontro personale con il Signore. Chi svolge il ministero di catechista sa che parla a nome della Chiesa e trasmette la fede della Chiesa. Questa responsabilità non è delegabile, ma investe ognuno in prima persona. Questo servizio, comunque, dovrà essere vissuto in maniera “secolare” senza cadere in forme di clericalismo che appannano la vera identità del ministero” ha ribadito l’arcivescovo che ha aggiunto, rispondendo a una domanda, che il ministero è stabile in quanto risponde a una vocazione, anche se poi non è detto che si debba esercitare per sempre.

I requisiti

Ma tutti i milioni di catechisti sparsi per il mondo riceveranno il ministero? Ovviamente no: “Non tutti coloro che oggi sono catechisti e catechiste potranno accedere al ministero di catechista, pur continuando a essere catechisti e catechiste. Questo ministero è riservato a quanti corrisponderanno ad alcuni requisiti che il Motu proprio elenca. Primo fra tutti, quello della dimensione vocazionale a servire la Chiesa dove il vescovo lo ritiene più qualificante.

Il ministero non viene dato per una gratifica personale, ma per il servizio che si intende prestare alla Chiesa locale e a servizio di dove il vescovo ritiene necessaria la presenza del catechista. Non si dimentichi che in diverse regioni dove la presenza dei sacerdoti è nulla o rara, la figura del catechista è quella di chi presiede la comunità e la mantiene radicata nella fede”. Fisichella ha esplicitamente fatto riferimento a zone del Sud America o dell’Africa ben presenti al S. Padre.

La formazione

Un altro aspetto fondamentale per il ministero è quello della formazione: “Per corrispondere pienamente alla vocazione diventa quanto mai necessaria una corrispondente formazione che presenti i contenuti fondamentali della fede. Le Diocesi dovranno provvedere, perché i futuri catechisti e catechiste abbiano una solida preparazione”. Strumento privilegiato sarà il Catechismo della Chiesa Cattolica di cui “ogni catechista sarà vero esperto”.

Spetta ora alle Conferenze Episcopali, con il supporto del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, mettere in atto le indicazioni contenute nel motu proprio: “A seconda delle proprie tradizioni locali, pertanto, le Conferenze episcopali dovranno individuare i requisiti quali l’età e gli studi necessari, le condizioni e le modalità di attuazione per poter accedere al ministero; mentre alla Congregazione per il Culto Divino è demandato il compito di pubblicare in breve tempo il Rito liturgico per l’istituzione del ministero ad opera del Vescovo”.

“Papa Francesco, con questo Motu proprio, si propone di rafforzare il profilo catechistico nella Chiesa non facendolo derivare dal ministero della gerarchia ma orientandolo verso la gerarchia” ha aggiunto mons. Tebartz-van Elst. “Nel nuovo Motu proprio si possono individuare in particolare tre aspetti. Il Ministero del catechista si oppone ad una clericalizzazione dei laici e ad una laicizzazione del clero; si svolge in una spiritualità comunitaria e in una spiritualità di preghiera; infine, è un servizio acquisito con specifica e solida formazione”.