Il cardinale Felipe Arizmendi, vescovo emerito di San Cristóbal de Las Casas e responsabile della Dottrina della Fede nella Conferenza Episcopale Messicana (CEM), offre ai lettori di Exaudi il suo articolo settimanale intitolato “Un popolo stanco delle estorsioni”.
***
ASPETTO
Venerdì 8 dicembre scorso, un gruppo criminale, che si fa chiamare “La Familia Michoacana” e che è sempre armato con armi di grosso calibro, ha convocato i contadini di Texcapilla e delle comunità vicine, molto vicine al mio paese natale, nel comune di Texcaltitlán, per esigere loro una grande quantità di denaro per le loro piantagioni di fagioli, piselli, avena, mais e fagioli. La gente diceva loro che non potevano pagare quella nuova quota, perché le loro colture non gli fruttavano abbastanza. Di fronte all’intransigenza del gruppo criminale, i contadini hanno preso coraggio, senza armi più grandi di machete, zappe, bastoni e qualche vecchia doppietta, e si sono scagliati contro di loro, uccidendo l’intero gruppo, compreso il loro leader, alias “il Clown“. Si dice che sia stato infine abbattuto da una donna, con solo un coltello in mano.
Per inciso, ho parlato con questo leader in modo circostanziale, così come con il leader del gruppo che domina il mio paese, esortandolo a cambiare vita, ma per loro l’importante è il denaro che esigono dai contadini, più di altri valori della fede cristiana, anche se si dichiarano cattolici. Il loro dio è il denaro. Qui il problema non è tanto la vendita e il consumo di droga, quanto l’estorsione o il pizzo a tutti coloro che lavorano in qualcosa.
Dopo alcune ore, sono arrivati l’esercito, la polizia statale e la guardia nazionale per proteggere il luogo, ma la stragrande maggioranza della popolazione è fuggita in altri luoghi, temendo rappresaglie del gruppo criminale, che ha immediatamente fatto sparire alcuni membri di quelle comunità. La pace è andata perduta. La festa patronale alla Vergine di Guadalupe è stata cancellata. Il parroco, che è lo stesso della mia parrocchia nativa, è andato a celebrare la solita messa domenicale, ma non ha trovato nessuno. È andato a visitare e consolare diverse famiglie e ha trovato diverse case chiuse e altre abbandonate. Sono passato da quel luogo e ho visto molta polizia, ma le famiglie sono fuggite dal luogo. Il popolo si è sentito abbandonato dalle autorità. Stanco di tanta estorsione, ha sentito il bisogno di farsi giustizia da solo. Non approviamo questa reazione, ma è a questo che le autorità federali portano, lasciando indifesi i poveri contadini.
In vari modi, i vescovi si sono rivolti alle autorità federali e statali per far loro conoscere il crimine incontrollato dell’estorsione, poiché a tutti viene chiesto di pagare per quello che fa e lavora. E se qualcuno non paga quello che loro chiedono, si espone a ogni tipo di rappresaglia, anche al sequestro e all’omicidio. Le nostre autorità presumono di aver ridotto i tassi di criminalità nel paese, e questo è positivo, ma noi abbiamo altri dati che loro si rifiutano di prendere in considerazione. Mandano di tanto in tanto polizia ed esercito nei nostri villaggi, ma, come dicevo a un membro della guardia nazionale, finché l’esercito è presente, tutto è tranquillo; ma appena si ritira, quelli riappaiono e continuano a fare le loro arbitrarietà. Il popolo si sente indifeso. Le autorità chiedono alla gente di denunciare casi concreti, in modo che possano procedere legalmente, ma abbiamo insistito sul fatto che nessuno si azzarda a denunciare queste estorsioni, perché si espone a perdere la vita. Il governo dovrebbe implementare, oltre a quello che fa in questi casi, un sistema di intelligence investigativa, con moderni mezzi tecnologici, per avere prove in flagranza di reato di questo crimine di estorsione, perché quei gruppi armati hanno i loro “falchi” che li avvisano quando l’esercito è in arrivo, e questo gli dà il tempo di nascondersi; ecco perché, quando passano i soldati, non trovano nessuno.
Discernimento
La Conferenza Episcopale Messicana, il 16 novembre scorso, al termine della sua assemblea ordinaria, ha emesso un comunicato in cui si afferma: “Le nostre comunità in Messico continuano a soffrire di insicurezza e violenza che crescono in modo esponenziale in molte zone del nostro paese. E non si tratta solo di statistiche, ma di volti e cuori di persone concrete che soffrono le conseguenze della violenza estrema, dell’impunità, della scomparsa dei loro cari, dell’estorsione, della migrazione forzata e delle strategie di sicurezza fallite… Dobbiamo continuare a cercare modi operativi per costruire una cultura della pace”.
Il 23 giugno dello scorso anno, ci siamo espressi “con profonda preoccupazione per la crescente violenza che affligge il nostro caro Paese e con grande tristezza per la perdita di migliaia di vite innocenti che riempiono di lutto intere famiglie. La criminalità si è diffusa ovunque, sconvolgendo la vita quotidiana di tutta la società, colpendo le attività produttive nelle città e nelle campagne, esercitando pressioni con estorsioni su chi lavora onestamente nei mercati, nelle scuole, nelle piccole, medie e grandi imprese; si sono impadroniti delle strade, delle colonie e di interi villaggi, oltre che di strade, autostrade e superstrade e, cosa più grave, hanno raggiunto livelli di crudeltà disumana in esecuzioni e massacri che hanno reso il nostro paese uno dei luoghi più insicuri e violenti del mondo.
Riconosciamo che come Chiesa non abbiamo fatto abbastanza nell’evangelizzazione dei popoli e che è necessario raddoppiare gli sforzi. C’è ancora molto da fare nella ricostruzione del tessuto sociale, a partire dal nostro lavoro pastorale. Facciamo appello a tutto il popolo di Dio, in particolare a sacerdoti, religiosi, catechisti, evangelizzatori e altri agenti pastorali, a unirsi ai lavori per concretizzare il progetto di PACE di Cristo.
Vogliamo unirci alle migliaia di voci di cittadini di buona volontà che chiedono che si ponga fine a questa situazione. BASTA! Non possiamo essere indifferenti o estranei a ciò che ci sta colpendo tutti.
Di fronte alla gravità dei fatti, facciamo appello al Governo Federale e alle diverse autorità: è tempo di rivedere le strategie di sicurezza che stanno fallendo. È tempo di ascoltare i cittadini, le voci di migliaia di familiari delle vittime, degli assassinati e dei dispersi, le forze dell’ordine maltrattate dalla criminalità. Crediamo che non sia utile negare la realtà e nemmeno incolpare i tempi passati per ciò che tocca a noi risolvere ora. Ascoltarsi non ci rende deboli, anzi ci rafforza come nazione.
Tutti siamo messicani, tutti abbiamo bisogno di vivere in pace e concordia. È responsabilità dei governanti applicare la legge con giustizia per sradicare l’impunità, rispettando i diritti umani, ma perseguendo la sicurezza dei cittadini e la pace sociale. Come vescovi messicani in unità con il popolo messicano di cui anche noi facciamo parte, facciamo un rispettoso appello alle nostre autorità politiche a convocare un dialogo nazionale per intraprendere azioni intelligenti e complete al fine di raggiungere la pace attraverso una partecipazione congiunta. Crediamo che la pace sia possibile, che debba essere possibile. In questo compito tutti i cittadini di buona volontà possono essere alleati. Non perdiamo questa opportunità!”
Nella stessa linea ci siamo espressi il 14 novembre 2019: “Un’altra delle nostre preoccupazioni è l’escalation della violenza in vaste regioni del nostro Messico. Questa violenza ha provocato più povertà, abbandono e insicurezza. Ci spezza il cuore vedere i molteplici omicidi, rapimenti ed estorsioni, che rimangono impuniti. Così si indebolisce lo stato di diritto, e questo aumenta la corruzione e allontana la pace. Solo lavorando insieme possiamo risolvere queste situazioni: come Chiesa dobbiamo rafforzare non solo la conoscenza della dottrina, ma anche la pratica dei valori cristiani, perché molti di coloro che si dedicano al crimine fanno parte della nostra comunità; lo Stato deve garantire la sicurezza dei cittadini, offrendo condizioni dignitose, sicure e ben remunerate alle forze dell’ordine; e spetta a tutti i cittadini prendersi cura l’uno dell’altro”.
Ma questi messaggi non dicono nulla alle autorità federali. Viviamo con la gente e parliamo di ciò che il popolo soffre. Non stiamo pensando alle elezioni future, ma ha fatti concreti.
AGIRE
Dalla famiglia, educhiamoci al rispetto dei diritti degli altri e, soprattutto, all’amore di Dio e del prossimo, perché su questo ci giochiamo