Il cardinale Felipe Arizmendi, vescovo emerito di San Cristóbal de Las Casas e responsabile della Dottrina della Fede presso la Conferenza dell’Episcopato Messicano (CEM), offre ai lettori di Exaudi il suo articolo settimanale intitolato “Non tutti i diritti sono diritti”.
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ASPETTO
Sono frequenti i posti di blocco e le manifestazioni di piazza, per rivendicare un diritto che si dice non venga rispettato; come i contadini che chiedono di essere pagati quanto devono per le loro terre espropriate; come lavoratori che hanno urgente bisogno di ricevere ciò che è giusto per il loro lavoro; come cittadini che insistono perché venga rispettato ciò che è considerato un diritto; come gli studenti che ripetono continuamente che venga chiarita la verità sulla violenza che hanno subito. E tanti i casi in cui i blocchi e le manifestazioni vengono utilizzati come metodo di lotta per chiedere giustizia.
Nella maggior parte dei casi, è proprio quello che viene chiesto e le persone colpite dicono di non avere altra scelta se non quella di bloccare strade e autostrade. Tuttavia, è anche comune che i bloccanti non tengano conto dei diritti degli altri cittadini, protetti non solo dalla carità fraterna, ma anche dalle nostre leggi. La nostra Costituzione federale, ad esempio, stabilisce all’articolo 6: Diritto limitato di manifestare quando ciò lede i diritti di terzi o costituisce un reato. All’articolo 11: Diritto di libero transito senza necessità di salvacondotto o requisiti simili. La Legge sulle vie generali di comunicazione, all’articolo 533, prevede: Reclusione da tre mesi a sette anni per chiunque interrompa la circolazione veicolare e l’esercizio del servizio di pedaggio. Da parte sua, l’articolo 167 del Codice penale federale prevede la reclusione da uno a cinque anni e una multa da cento a diecimila giorni, tra gli altri casi, III: Chiunque, per fermare veicoli su una strada pubblica, pone un ostacolo qualsiasi il modo pubblico. Questo lo stabiliscono le nostre leggi, che le autorità si impegnano a rispettare, ma che non eseguono perché dicono che non sono repressive come negli altri sessenni… E lasciano la comunità indifesa, con tutti i disastri che questo cause in coloro che non c’entrano nulla e che sono totalmente innocenti. Dovrebbero occuparsi presto dei manifestanti e offrire loro soluzioni o alternative, ma esortarli a liberare le strade. Non vogliono reprimere chi provoca gravi danni, lasciando indifesi i soggetti colpiti. È lo stesso che accade con i gruppi criminali organizzati, che agiscono impunemente.
Ci sono donne e organizzazioni che difendono con le unghie e con i denti il loro diritto di fare del proprio corpo ciò che liberamente desiderano e, per questo, chiedono l’eutanasia e l’aborto. Una persona che crede in Dio sa che non è proprietaria del suo corpo, ma che è un dono che ha ricevuto e deve averne cura fino all’impossibile. Ma chi non ha la fede cristiana si sente un dio, capace di pretendere qualsiasi cosa, senza alcuna considerazione per gli altri diritti, come quello del neonato a vivere e a non essere ucciso.
DISCERNERE
La Parola di Dio è molto chiara: ama Dio e ama il tuo prossimo. Non fare a nessuno ciò che non vorresti fosse fatto a te. Tratta gli altri come vorresti essere trattato. Se qualcuno dice che ama Dio e non ama il prossimo, è un bugiardo, un assassino.
La Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede, in Dignitas a quelli originariamente definiti e non di rado messa in contraddizione con il diritto fondamentale alla vita, come se dovesse essere garantita la capacità di esprimere e realizzare ogni preferenza individuale o desiderio soggettivo. La dignità si identifica allora con una libertà isolata e individualistica, che cerca di imporre, come “diritti”, garantiti e finanziati dalla comunità, determinati desideri e preferenze soggettive. Ma la dignità umana non può basarsi su standard meramente individuali né identificarsi esclusivamente con il benessere psicofisico dell’individuo. Al contrario, la difesa della dignità dell’essere umano si fonda sulle esigenze costitutive della natura umana, che non dipendono né dall’arbitrarietà individuale né dal riconoscimento sociale. I doveri che derivano dal riconoscimento della dignità dell’altro e i corrispondenti diritti che da esso derivano hanno, quindi, un contenuto concreto e oggettivo, fondato sulla comune natura umana. Senza questo riferimento oggettivo, il concetto di dignità è infatti soggetto agli arbitri più diversi, nonché agli interessi del potere” (25). «La dignità dell’essere umano comprende anche la capacità, inerente alla stessa natura umana, di assumere obblighi verso gli altri» (27).
ATTO
Chiedete soprattutto alle autorità ciò che veramente e giustamente vi corrisponde, ma non fatelo con la violenza, distruggendo tutto ciò che incontrate sul vostro cammino, ma tenendo conto dei diritti degli altri. Tratta gli altri come vorresti essere trattato.