Il cardinale Felipe Arizmendi, vescovo emerito di San Cristóbal de Las Casas e responsabile della Dottrina della Fede presso la Conferenza dell’Episcopato Messicano (CEM), offre ai lettori di Exaudi il suo articolo settimanale intitolato “L’arroganza del potere”.
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ASPETTO
In altri tempi, quando qualcuno veniva eletto Vescovo di Roma e gli venivano ancora conferiti titoli storici come Vicario di Cristo Gesù, Successore del Principe degli Apostoli, Sommo Pontefice della Chiesa Universale, Primate d’Italia, Arcivescovo e Metropolita della Provincia Romana, Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, Servo dei Servi di Dio, affinché non si alzassero i fumi, gli fu bruciato davanti del cotone e gli fu detta in latino questa frase: Sic transit gloria mundi; che significa: Così passa la gloria del mondo. Con questo volevano fargli capire che non doveva vantarsi della carica assegnatagli. Il fatto è che la vanagloria è una delle più grandi tentazioni per chiunque.
Dove prevale il machismo, l’uomo si sente con tutta l’autorità e non tiene conto della moglie e dei figli, ma decide secondo la sua opinione, la sua arroganza e la sua prepotenza. La stessa cosa può succedere con alcune donne. Qualcosa di simile accade con gli insegnanti oi direttori scolastici, con i capi ufficio, con i titolari di aziende o aziende, con chi ha più beni e denaro, con i dirigenti di qualunque istanza, anche nello sport. La stessa cosa può accadere a noi che abbiamo una qualche autorità nella Chiesa, vescovi, sacerdoti, diaconi, catechisti o ministri: ci crediamo proprietari della verità e quasi di Dio, indiscutibili, dominanti e sprezzanti verso chi in un in un certo senso dipendono da noi. Non abbiamo inteso l’autorità come umile servizio, come ci insegna Gesù, ma piuttosto ci vantiamo della posizione che occupiamo. Papa Francesco si batte intensamente affinché nella Chiesa assumiamo lo spirito sinodale, tutti fratelli e uguali in dignità e missione in ciò che è comune a tutti i battezzati, senza perdere il servizio di presiedere la comunità; molti laici, però, lamentano che prevale ancora il clericalismo, come abuso e centralizzazione del ministero presbiterale ed episcopale.
Coloro che esercitano il potere civile, politico, legislativo e giudiziario possono lasciarsi dominare dall’arroganza. Ora che la maggioranza dei voti li ha favoriti, possono sentirsi quasi padroni della vita cittadina, che possono avere a loro discrezione leggi, persone e proprietà. Diventano insopportabili, anche se coloro che li circondano li adulano, li applaudono e vogliono apparire belli ai loro occhi, più che altro per l’interesse di ottenere qualche posizione o favore. Non ascoltano chi la pensa diversamente e, abusando del proprio potere, compresi i media, offendono, insultano, squalificano e minacciano con indagini fiscali o giudiziarie. Si credono irreprensibili, incorrotti e sinceri in tutto. Si proclamano difensori del popolo, ma il loro comportamento è come se fossero dei re assoluti. Diventano disgustosi! E non si rendono conto che tutti gli imperi tramontano, anche quelli che si credevano onnipotenti. La nostra Chiesa non è morta, nonostante tanti errori e limiti che abbiamo avuto, perché il suo fondamento è divino; se non fosse stato per quello, da quando lo avremmo finito noi stessi. Ma tutti gli imperi terreni sono passati alla storia, e alcuni con molto discredito.
DISCERNERE
Papa Francesco, in una delle sue catechesi sui vizi e sulle virtù, dice:
“L’umiltà è la grande antagonista del più mortale dei vizi, cioè l’orgoglio. Mentre orgoglio e arroganza gonfiano il cuore umano, facendoci apparire più di quello che siamo, l’umiltà riporta tutto alla sua giusta dimensione: siamo creature meravigliose ma limitate, con virtù e difetti. La Bibbia ci ricorda fin dall’inizio che siamo polvere e in polvere ritorneremo (cfr Gen 3,19); “umile”, infatti, viene da humus, terra. Tuttavia, nel cuore umano sorgono spesso deliri di onnipotenza, così pericolosi da provocarci un grave danno.
Beate le persone che conservano nel cuore la percezione della propria piccolezza! Queste persone sono al sicuro da un brutto vizio: l’arroganza. Nelle sue Beatitudini, Gesù parte proprio da loro: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). È la prima Beatitudine perché è alla base di quelle che seguono: infatti, la mitezza, la misericordia, la purezza del cuore nascono da quel sentimento interiore di piccolezza. L’umiltà è la porta d’accesso a tutte le virtù.
+L’umiltà è tutto. È ciò che ci salva dal Maligno e dal pericolo di diventare suoi complici. E l’umiltà è la fonte della pace nel mondo e nella Chiesa. Dove non c’è umiltà, c’è guerra, c’è discordia, c’è divisione. Dio ci ha dato un esempio di umiltà in Gesù e Maria, affinché possa essere la nostra salvezza e felicità. E l’umiltà è proprio la via, la via della salvezza» (22 maggio 2024).
ATTO
Senza negare le qualità che ciascuno di noi possiede, che sono doni di Dio per il servizio alla comunità, riconosciamo anche i nostri limiti, i nostri errori e colpe. Sappiamo valorizzare gli altri, che sono diversi e hanno altri punti di vista; dobbiamo ascoltarli, rispettarli e valorizzarli. Chiediamo a Dio che ci conceda di essere umili e semplici, come Gesù, come la Vergine Maria e i grandi santi.