Il cardinale Felipe Arizmendi, vescovo emerito di San Cristóbal de Las Casas e responsabile della Dottrina della fede nella Conferenza episcopale messicana (CEM), offre ai lettori di Exaudi il suo articolo settimanale dal titolo “Il Sinodo e i poveri”.
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Sia in passato che nel presente, coloro che parlano dell’opzione preferenziale per i poveri vengono bollati da alcuni come comunisti, marxisti, di sinistra, come se questa opzione non fosse essenziale al cristianesimo. Per qualche tempo, i teologi che promuovevano la teologia della liberazione sono stati condannati come se fossero eretici e traditori del messaggio di Gesù. La Chiesa latinoamericana ha assunto questa opzione nella seconda Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano a Medellín (1968), ed è stata ratificata a Puebla (1979), a Santo Domingo (1992) e ad Aparecida (2007).
A Papa Francesco, che fin dall’inizio del suo pontificato ha insistito più volte su questa dimensione essenziale della nostra fede, non manca chi lo attacca ferocemente per questo. Quando si è recato negli Stati Uniti (19-28 settembre 2015), la rivista Time ha pubblicato la sua foto in prima pagina, ma con questa domanda: Francesco è un cattolico? E tutto perché il Papa, come già Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ha espresso che non siamo fedeli a Gesù se non assumiamo la sua presenza negli emarginati, come Lui stesso ha dichiarato in Matteo 25:31-46.
DISCERNERE
La recente prima assemblea del Sinodo dei Vescovi ha fatto una dichiarazione su questo tema. Si tratta di una posizione presa in modo convergente dai rappresentanti della Chiesa presenti da tutto il mondo. Metterò in evidenza solo i punti più importanti del documento di sintesi:
I poveri, protagonisti del cammino della Chiesa.
Convergenze
I poveri chiedono alla Chiesa amore. Amore significa rispetto, accoglienza e riconoscimento, senza i quali dare cibo, denaro o servizi sociali è certamente una forma di assistenza importante, ma che non tiene pienamente conto della dignità della persona. Il rispetto e il riconoscimento sono strumenti potenti per attivare le capacità personali, in modo che ogni persona sia il soggetto del proprio percorso di crescita e non l’oggetto dell’assistenza di altri.
L’opzione preferenziale per i poveri è implicita nella fede cristologica: Gesù, povero e umile, ha fatto amicizia con i poveri, ha camminato con i poveri, ha condiviso la tavola con i poveri e ha denunciato le cause della povertà. Per la Chiesa, l’opzione per i poveri e gli scartati è una categoria teologica piuttosto che culturale, sociologica, politica o filosofica. Secondo San Giovanni Paolo II, Dio concede loro innanzitutto la misericordia. Questa preferenza divina ha conseguenze sulla vita di tutti i cristiani, che sono chiamati a nutrire “gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5).
Non esiste un solo tipo di povertà. Tra i tanti volti dei poveri ci sono quelli che non hanno il necessario per una vita dignitosa. Ci sono anche quelli dei migranti e dei rifugiati; delle popolazioni indigene, dei nativi e delle persone di origine africana; di coloro che subiscono violenze e abusi, in particolare le donne; delle persone con dipendenze; delle minoranze a cui viene sistematicamente negata una voce; degli anziani abbandonati; delle vittime del razzismo, dello sfruttamento e della tratta, in particolare dei minori; dei lavoratori sfruttati; degli esclusi economicamente e di altri che vivono nelle periferie. I più vulnerabili tra i vulnerabili, per i quali è necessaria una costante difesa, sono i bambini nel grembo materno e le loro madri. L’Assemblea è consapevole del grido dei “nuovi poveri”, prodotto dalle guerre e dal terrorismo che affliggono molti Paesi in diversi continenti, e condanna i sistemi politici ed economici corrotti che li causano.
Accanto alle tante forme di povertà materiale, il nostro mondo conosce anche forme di povertà spirituale, intesa come mancanza di senso della vita. L’eccessiva preoccupazione per se stessi può portare a vedere gli altri come una minaccia e a chiudersi in se stessi.
Essere al fianco dei poveri significa impegnarsi con loro anche nella cura della nostra casa comune: il grido della terra e il grido dei poveri sono lo stesso grido.
L’impegno della Chiesa deve andare alle cause profonde della povertà e dell’esclusione. Ciò include l’agire per proteggere i diritti dei poveri e degli esclusi e può richiedere la denuncia pubblica delle ingiustizie, siano esse perpetrate da individui, governi, aziende o strutture sociali. È fondamentale ascoltare le loro richieste e i loro punti di vista per dare loro voce, usando le loro parole.
I cristiani hanno il dovere di impegnarsi nella partecipazione attiva alla costruzione del bene comune e alla difesa della dignità della vita, ispirandosi alla dottrina sociale della Chiesa e agendo in vari modi (coinvolgimento in organizzazioni della società civile, sindacati, movimenti popolari, associazioni di base, politica, ecc.) La Chiesa esprime la sua profonda gratitudine per la loro azione. Le comunità sostengono coloro che operano in questi campi in un autentico spirito di carità e di servizio. La loro azione fa parte della missione della Chiesa di annunciare il Vangelo e di collaborare all’avvento del Regno di Dio.
Nei poveri la comunità cristiana incontra il volto e la carne di Cristo, che si è fatto povero per noi, affinché fossimo arricchiti dalla sua povertà (cfr. 2 Cor 8,9). È chiamata non solo ad avvicinarsi a loro, ma anche a imparare da loro. Se fare sinodo significa camminare accanto a Colui che è la via, una Chiesa sinodale deve mettere i poveri al centro di tutti gli aspetti della sua vita: attraverso le loro sofferenze ha una conoscenza diretta del Cristo sofferente. La somiglianza della loro vita con quella del Signore rende i poveri annunciatori di una salvezza ricevuta in dono e testimoni della gioia del Vangelo.
Questioni da affrontare
In alcune parti del mondo, la Chiesa è povera, con i poveri e per i poveri. C’è il rischio costante, da evitare con cura, di considerare i poveri, in termini di “loro” e “noi”, come “oggetti” della carità della Chiesa. Mettere i poveri al centro e imparare da loro è qualcosa che la Chiesa deve fare sempre di più.
La denuncia profetica delle situazioni di ingiustizia e la pressione sui decisori politici, che richiede il ricorso a forme di diplomazia, devono essere mantenute in tensione dinamica per non perdere lucidità e fecondità.
L’azione nei campi dell’educazione, della salute e dell’assistenza sociale, senza discriminazione o esclusione di nessuno, è un chiaro segno di una Chiesa che promuove l’integrazione e la partecipazione degli ultimi in se stessa e nella società. Sono invitati a evitare uno stile impersonale di vivere la carità. Sono anche esortati a fare rete e a coordinarsi.
La Chiesa deve essere onesta nell’esaminare come rispetta le esigenze di giustizia nei confronti di coloro che lavorano in istituzioni affini, per testimoniare la sua coerenza con l’integrità.
In una Chiesa sinodale, il senso di solidarietà si manifesta anche nello scambio di doni e nella condivisione di risorse tra le Chiese locali di diverse regioni. Allo stesso modo, dobbiamo adoperarci affinché l’aiuto finanziario non degeneri in elemosina, ma promuova un’autentica solidarietà evangelica e sia gestito in modo trasparente e affidabile.
Le proposte
La dottrina sociale della Chiesa è una risorsa troppo poco conosciuta per potervi reinvestire. Le Chiese locali devono impegnarsi non solo a farne conoscere meglio il contenuto, ma anche a favorirne l’appropriazione attraverso pratiche che mettano in pratica la sua ispirazione.
L’esperienza dell’incontro, della condivisione della vita e del servizio ai poveri e agli emarginati deve diventare parte integrante di tutti i programmi di formazione offerti dalle comunità cristiane: è un’esigenza di fede, non un’opzione. Questo è particolarmente vero per i candidati al ministero ordinato e alla vita consacrata. Nell’ambito del ripensamento del ministero diaconale, si dovrebbe promuovere un maggiore orientamento al servizio dei poveri.
ATTO
Qual è il vostro atteggiamento nei confronti dei poveri? Che possiamo essere come Gesù; che possiamo cercare di prendere la causa dei poveri e lottare per la loro vita dignitosa.