Il cardinale Felipe Arizmendi, vescovo emerito di San Cristóbal de Las Casas e responsabile della Dottrina della Fede presso la Conferenza dell’Episcopato Messicano (CEM), offre ai lettori di Exaudi il suo articolo settimanale intitolato “Democrazia o populismo”.
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ASPETTO
Da quando ero vicario generale a Toluca, e poi come vescovo in Chiapas, di tanto in tanto arrivavano piccoli gruppi o manifestazioni tumultuose, per chiedere qualcosa, come che fosse cambiato il loro parroco, o che non fossero cambiati loro, e il leader, che non manca mai, ha detto che il popolo chiedeva questo e quest’altro, e che lui non rappresentava la maggioranza del popolo, ma piuttosto il gruppo da lui guidato, a volte con valide ragioni e, in altre, motivato da interessi diversi. Il nostro compito era ascoltarli con attenzione, dare loro una parola, magari approfondire la questione, talvolta accettare la loro proposta, ma non lasciarci impressionare dal linguaggio del leader.
Non mancano mai i demagoghi, che si definiscono interpreti del popolo, ma che sanno solo gestirlo. Quando vengono organizzate consultazioni o forum, potrebbe essere per ascoltare veramente ciò che dicono coloro che sanno di cosa si tratta ed essere disposti a modificare o ritirare una proposta, o potrebbe essere solo una facciata per nascondere ciò che il leader vuole o impone. . Non sempre quando si parla di popolo si tratta realmente del popolo, ma di gruppi dipendenti dal leader, o di folle gestite dalla propaganda, dall’elemosina del governo o da altri interessi. Nelle votazioni a cui partecipa la maggioranza dei cittadini, i loro risultati vengono rispettati, perché sono un’espressione verificabile dei sentimenti della gente, anche se in questi casi bisogna anche discernere se si è trattato di un voto ragionato o solo interessato.
I vescovi del Venezuela, in occasione delle prossime elezioni presidenziali del 28 luglio, hanno emanato un importante documento. Dopo aver analizzato la grave situazione mondiale in cui si trova il Paese, invitano ad andare a votare, affinché la partecipazione maggioritaria esprima se si vuole continuare con un regime populista e quasi dittatoriale, che ha costretto migliaia di migranti a fuggire dal paese povertà e oppressione, oppure vogliono un cambiamento.
DISCERNERE
Papa Francesco ha partecipato alla chiusura del cinquantesimo. Settimana Sociale dei Cattolici d’Italia, tenutasi a Trieste, nel nord di quel Paese, che aveva come tema: Nel cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro. Perché il Papa parla di questi temi, se la Chiesa non è democratica? VERO; La Chiesa è comunitaria, condivisa, corresponsabile tra tutti i suoi membri, sinodale, ma non è democratica; è gerarchico per istituzione divina. A questo proposito, ha affermato il Papa, «la Chiesa è sensibile alle trasformazioni della società e si sforza di contribuire al bene comune. È evidente che nel mondo di oggi la democrazia, diciamo la verità, non gode di buona salute. Questo ci interessa e ci preoccupa, perché è in gioco il bene dell’uomo, e nulla di ciò che è umano può esserci estraneo.
C’è una “crisi della democrazia… Il potere diventa autoreferenziale – è una brutta malattia –, incapace di ascoltare e servire il popolo. La stessa parola “democrazia” non coincide semplicemente con il voto del popolo. Che cosa significa? Non è solo il voto del popolo, ma richiede che si creino le condizioni affinché tutti possano esprimersi e partecipare. E la partecipazione non si improvvisa: si apprende da bambini, da giovani, e va “allenata”, anche in senso critico rispetto alle tentazioni ideologiche e populiste. La democrazia richiede sempre il passaggio dalla partigianeria alla partecipazione, dall’ovazione al dialogo. Tutti devono sentirsi parte di un progetto comunitario; nessuno dovrebbe sentirsi inutile.Il welfare, di per sé, è nemico della democrazia, nemico dell’amore per il prossimo. E certe forme di welfare che non riconoscono la dignità delle persone sono ipocrisia sociale.
Il cuore della politica è la partecipazione. Ci vuole coraggio per pensare a se stessi come a un popolo e non come a me o al mio clan, alla mia famiglia, ai miei amici. Purtroppo, questa categoria – “popolo” – è spesso fraintesa e potrebbe portare all’eliminazione della stessa parola “democrazia” (governo del popolo). Ma per affermare che la società è qualcosa di più della mera somma di individui è necessario il termine “popolo”, che non è populismo. No, è un’altra cosa: la gente. Infatti, è molto difficile progettare qualcosa di grande a lungo termine se non può diventare un sogno collettivo.
Non lasciamoci ingannare dalle soluzioni facili. Impegniamoci, invece, per il bene comune. Non manipoliamo la parola democrazia né distorciamola con titoli vuoti che possano giustificare qualsiasi azione. La democrazia non è una scatola vuota, ma è legata ai valori della persona, della fraternità e anche dell’ecologia integrale.
Come cattolici, in questo orizzonte, non possiamo accontentarci di una fede marginale o privata. Abbiate il coraggio di avanzare proposte per la giustizia e la pace nel dibattito pubblico. Abbiamo qualcosa da dire, ma non per difendere i privilegi. No. Dobbiamo essere una voce, una voce che denuncia e propone in una società che spesso è senza voce e dove troppi non hanno voce. L’amore politico non si accontenta di trattare gli effetti, ma cerca piuttosto le cause.È una forma di carità che permette alla politica di essere all’altezza delle proprie responsabilità e di uscire dalle polarizzazioni, quelle polarizzazioni che non aiutano a comprendere e ad affrontare le sfide.
Impariamo di più e meglio a camminare insieme come popolo di Dio, per essere fermento di partecipazione tra il popolo di cui facciamo parte. E questa è una cosa importante nella nostra azione politica, anche nei nostri pastori: conoscere la gente, avvicinarsi alla gente. Tante volte pensiamo che il lavoro politico consista nel occupare spazio: no! È avviare processi, non occupare posti» (7-VII-2024).
ATTO
Come cittadini, non giudichiamo solo ciò che fanno i governanti; Partecipiamo più attivamente. Nella tua strada, nel tuo quartiere, nella tua comunità, fai proposte affinché ci sia giustizia e pace, sviluppo integrale e rispetto dell’ecologia integrale. Come credenti, non aspettatevi che il tuo sacerdote faccia tutto. Chiedigli a cosa puoi partecipare o dai suggerimenti per migliorare il servizio religioso.