La preghiera accorata e fiduciosa, semplice e solenne allo stesso tempo, rivolta alla Santissima Vergine ha concluso nella Basilica Vaticana la cerimonia penitenziale presieduta da Papa Francesco. Davanti all’immagine della Madonna di Fatima il Santo Padre ha letto la Consacrazione al Cuore di Maria per chiedere la fine della guerra in Ucraina e dei tanti conflitti sparsi per il mondo che il Pontefice più volte ha definito Terza Guerra mondiale a pezzi.
Un gesto atteso, che è stato ripetuto a Fatima dall’elemosiniere pontificio, il cardinale Krajewski, e dai vescovi di tutto il mondo, che il Papa ha invitato a unirsi in comunione con lui. Una preghiera elevata alla Vergine nel giorno in cui la Chiesa celebra la solennità dell’Annunciazione, l’Incarnazione di Dio che si fa uomo come noi per redimerci.
La Consacrazione al Cuore di Maria è stata fatta dal Papa al termine della celebrazione penitenziale nell’ambito della 24 Ore per il Signore. Una iniziativa che dal 2014 ha lo scopo di facilitare la possibilità di accostarsi al sacramento della Riconciliazione. Lo stesso Pontefice, dopo essersi confessato, ha assolto sei fedeli. Dopo la proclamazione del Vangelo, il Papa ha tenuto la sua omelia, durante la quale ha fatto ampio riferimento alla Consacrazione e alla necessità di “bussare” al Cuore immacolato di Maria per chiedere la pace. Ecco le parole del Papa:
Il perdono
Nel Vangelo della Solennità odierna l’Angelo Gabriele per tre volte prende la parola e si rivolge alla Vergine Maria. La prima volta, nel salutarla, dice: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te». Il motivo per cui rallegrarsi, il motivo della gioia, è svelato in poche parole: il Signore è con te. Fratello, sorella, oggi puoi sentire queste stesse parole rivolte a te; puoi farle tue ogni volta che ti accosti al perdono di Dio, perché lì il Signore ti dice: “Io sono con te”.
Troppo spesso pensiamo che la Confessione consista nel nostro andare a Dio a capo chino. Ma non siamo anzitutto noi che torniamo al Signore; è Lui che viene a visitarci, a colmarci della sua grazia, a rallegrarci con la sua gioia. Confessarsi è dare al Padre la gioia di rialzarci. Al centro di quanto vivremo non ci sono i nostri peccati, ma il suo perdono, questo è il centro.
Proviamo a immaginare se al centro del Sacramento ci fossero i nostri peccati: dipenderebbe quasi tutto da noi, dal nostro pentimento, dai nostri sforzi, dai nostri impegni. Invece no, al centro c’è Lui, che ci libera e ci rimette in piedi. Restituiamo il primato alla grazia e chiediamo il dono di capire che la Riconciliazione non è anzitutto un nostro passo verso Dio, ma il suo abbraccio che ci avvolge, ci stupisce, ci commuove. È il Signore che, come a Nazareth da Maria, entra in casa nostra e porta uno stupore e una gioia prima sconosciuti. La gioia del perdono.
Il sacramento della gioia
Mettiamo in primo piano la prospettiva di Dio: torneremo ad affezionarci alla Confessione. Ne abbiamo bisogno, perché ogni rinascita interiore, ogni svolta spirituale comincia da qui, dal perdono di Dio. Non trascuriamo la Riconciliazione, ma riscopriamola come il Sacramento della gioia. Sì, della gioia, dove il male che ci fa vergognare diventa l’occasione per sperimentare il caldo abbraccio del Padre, la dolce forza di Gesù che ci guarisce, la “tenerezza materna” dello Spirito Santo. Questo è il cuore della Confessione.
E allora, cari fratelli che amministrate il perdono di Dio, siate coloro che offrono a chi si accosta la gioia di questo annuncio: Rallegrati, il Signore è con te. Nessuna rigidità, per favore, nessun ostacolo, nessun disagio; porte aperte alla misericordia! Specialmente nella Confessione, siamo chiamati a impersonare il Buon Pastore che prende in braccio le sue pecore e le accarezza; siamo chiamati a essere canali di grazia che versano nelle aridità del cuore l’acqua viva della misericordia del Padre. Se un sacerdote non ha questo atteggiamento, questi sentimenti nel cuore, meglio che non vada a confessare.
Non temere
Per la seconda volta l’Angelo parla a Maria. A lei, turbata dal saluto ricevuto, dice: «Non temere». Nella Scrittura, quando Dio si presenta a chi lo accoglie, ama pronunciare queste due parole: non temere. Le dice ad Abramo, le ripete a Isacco, a Giacobbe e così via, fino a Giuseppe e a Maria. Non temere. In questo modo ci manda un messaggio chiaro e consolante: ogni volta che la vita si apre a Dio, la paura non può più tenerci in ostaggio. Perché la paura ci tiene in ostaggio. Sorella, fratello, se i tuoi peccati ti spaventano, se il tuo passato ti inquieta, se le tue ferite non si rimarginano, se le continue cadute ti demoralizzano e ti sembra di aver smarrito la speranza, non temere. Dio conosce le tue debolezze ed è più grande dei tuoi sbagli. Dio è più grande dei nostri peccati.
Una cosa ti chiede: le tue fragilità, le tue miserie, non tenerle dentro di te; portale a Lui, deponile in Lui, e da motivi di desolazione diventeranno opportunità di risurrezione. Non temere! Il Signore ci chiede i nostri peccati. La Vergine Maria ci accompagna: ella stessa ha gettato il suo turbamento in Dio. L’annuncio dell’Angelo le dava ragioni serie per temere. Le proponeva qualcosa di impensabile, che andava al di là delle sue forze e che da sola non avrebbe potuto gestire: ci sarebbero state troppe difficoltà, problemi con la legge mosaica, con Giuseppe, con le persone del suo paese e del suo popolo. Tutto questo sono difficoltà. Ma Maria non solleva obiezioni. Le basta quel non temere, le basta la rassicurazione di Dio.
Si stringe a Lui, come vogliamo fare noi stasera. Perché spesso facciamo l’opposto: partiamo dalle nostre certezze e, solo quando le perdiamo, andiamo da Dio. La Madonna, invece, ci insegna a partire da Dio, nella fiducia che così tutto il resto ci sarà dato. Ci invita ad andare alla sorgente, al Signore, che è il rimedio radicale contro la paura e il male di vivere. Lo ricorda una bella frase, riportata sopra un confessionale qui in Vaticano, che si rivolge a Dio con queste parole: «Allontanarsi da Te è cadere, tornare a Te è risorgere, restare in Te è esistere».
L’efferata guerra
In questi giorni notizie e immagini di morte continuano a entrare nelle nostre case, mentre le bombe distruggono le case di tanti nostri fratelli e sorelle ucraini inermi. L’efferata guerra, che si è abbattuta su tanti e fa soffrire tutti, provoca in ciascuno paura e sgomento. Avvertiamo dentro un senso di impotenza e di inadeguatezza. Abbiamo bisogno di sentirci dire “non temere”. Ma non bastano le rassicurazioni umane, occorre la presenza di Dio, la certezza del perdono divino, il solo che cancella il male, disinnesca il rancore, restituisce la pace al cuore. Ritorniamo a Dio, ritorniamo al suo perdono.
Chiedere il dono dello Spirito
Per la terza volta l’Angelo riprende a parlare. Ora dice alla Madonna: «Lo Spirito Santo scenderà su di te». Ecco come Dio interviene nella storia: donando il suo stesso Spirito. Perché in ciò che conta non bastano le nostre forze. Noi da soli non riusciamo a risolvere le contraddizioni della storia e nemmeno quelle del nostro cuore. Abbiamo bisogno della forza sapiente e mite di Dio, che è lo Spirito Santo. Abbiamo bisogno dello Spirito d’amore, che dissolve l’odio, spegne il rancore, estingue l’avidità, ci ridesta dall’indifferenza. Quello Spirito che ci dà l’armonia, perché Lui è l’armonia. Abbiamo bisogno dell’amore di Dio perché il nostro amore è precario e insufficiente.
Tante cose domandiamo al Signore, ma spesso dimentichiamo di chiedergli ciò che è più importante e che Lui desidera darci: lo Spirito Santo, la forza per amare. Senza amore, infatti, che cosa offriremo al mondo? Qualcuno ha detto che un cristiano senza amore è come un ago che non cuce: punge, ferisce, ma se non cuce, se non tesse, se non unisce, non serve. Oserei dire: non è cristiano. Per questo c’è bisogno di attingere dal perdono di Dio la forza dell’amore, lo stesso Spirito disceso su Maria. Perché, se vogliamo che il mondo cambi, deve cambiare anzitutto il nostro cuore.
Bussiamo al Cuore di Maria
Per fare questo, oggi lasciamoci prendere per mano dalla Madonna. Guardiamo al suo Cuore immacolato, dove Dio si è posato, all’unico Cuore di creatura umana senza ombre. Lei è «piena di grazia», e dunque vuota di peccato: in lei non c’è traccia di male e perciò con lei Dio ha potuto iniziare una storia nuova di salvezza e di pace. Lì la storia ha svoltato. Dio ha cambiato la storia bussando al Cuore di Maria. E oggi anche noi, rinnovati dal perdono, bussiamo a quel Cuore. In unione con i Vescovi e i fedeli del mondo, desidero solennemente portare al Cuore immacolato di Maria tutto ciò che stiamo vivendo: rinnovare a lei la consacrazione della Chiesa e dell’umanità intera e consacrare a lei, in modo particolare, il popolo ucraino e il popolo russo, che con affetto filiale la venerano come Madre.
Non si tratta di una formula magica, ma di un atto spirituale. È il gesto del pieno affidamento dei figli che, nella tribolazione di questa guerra crudele, di questa guerra insensata che minaccia il mondo, ricorrono alla Madre, come i bambini che quando hanno paura ricorrono alla mamma, gettando nel suo Cuore paura e dolore, consegnando sé stessi a lei. È riporre in quel Cuore limpido, incontaminato, dove Dio si rispecchia, i beni preziosi della fraternità e della pace, tutto quanto abbiamo e siamo, perché sia lei, la Madre che il Signore ci ha donato, a proteggerci e custodirci.
Sulla via della pace
Dalle labbra di Maria è scaturita la frase più bella che l’Angelo potesse riportare a Dio: «Avvenga per me secondo la tua parola». Quella della Madonna non è un’accettazione passiva o rassegnata, ma il desiderio vivo di aderire a Dio, che ha «progetti di pace e non di sventura». È la partecipazione più stretta al suo piano di pace per il mondo. Ci consacriamo a Maria per entrare in questo piano, per metterci a piena disposizione dei progetti di Dio. La Madre di Dio, dopo aver detto il suo sì, affrontò un lungo viaggio in salita verso una regione montuosa per visitare la cugina incinta. E’ andata di fretta, mi piace pensare alla Madonna di fretta, che si affretta per aiutarci, per custodirci. Prenda oggi per mano il nostro cammino: lo guidi attraverso i sentieri ripidi e faticosi della fraternità e del dialogo, lo guidi sulla via della pace.