04 Marzo, 2025

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Mario J. Paredes

Voci

04 Marzo, 2025

7 min

Buon senso o follia?

“Fate conoscere i fatti alla gente e il paese sarà al sicuro” – Abraham Lincoln

Buon senso o follia?

Gli anni Sessanta del secolo scorso hanno segnato un decennio di cambiamenti, ma soprattutto un momento storico in cui l’umanità ha avviato un cambiamento d’epoca: il passaggio dalla modernità a quella che oggi chiamiamo postmodernità.

Due guerre mondiali, l’incapacità dei sistemi politici ed economici di sradicare le disuguaglianze, l’ingiustizia sociale e la povertà; sistemi che – sull’altare delle ideologie – sacrificavano la libertà e l’uguaglianza umana, oltre al fallimento tecnico-scientifico nella soluzione dei più importanti problemi umani e sociali, provocavano il sentimento di una storia senza futuro e di una frustrata speranza nel progresso. Tutto ciò ha prodotto una mancanza di motivazione nello sforzo e nel lavoro umano, una predominanza di ciò che è rapido e facile, un’apatia verso il bene comune e una ricerca di rifugio in tutto ciò che è individuale e personale, con il conseguente rifiuto di tutto ciò che è gerarchico e istituzionale.

Con questo, le verità istituzionali e assolute scompaiono e ognuno crea e vive secondo il menù delle proprie “verità”, in mezzo all’incertezza, al relativismo morale, al soggettivismo e a un sovraccarico di informazioni in cui nulla è importante o tutto vale lo stesso.

Ciò che conta – per l’uomo postmoderno – è godere. La ricerca edonistica del piacere fine a se stesso guida l’esistenza umana e per ottenerlo – a qualsiasi costo – bisogna avere. Ora, l’estetica prevale sull’etica, l’avere sull’essere, il tangibile e il materiale sul trascendente.

Il risultato di tutti questi nuovi tratti della postmodernità è una “cultura” della luce, dell’etereo, del facile, dell’usa e getta, del superficiale e del privo di impegno, unita alla ricerca di uno stile di vita fatto di lusso, comfort e stravaganza, indifferente alle esigenze delle grandi masse della popolazione.

D’ora in poi, questi tratti, propri della postmodernità, incidono, spiegano, influenzano e sono evidenti in tutta la vita e nel comportamento umano e nella sua dimensione sociale: nella convivenza cittadina e nel modo di fare politica. Intendendo qui “politica”, secondo il concetto greco originario, non solo l’ufficio di governare, ma, soprattutto, la partecipazione di tutti i cittadini alla ricerca del bene comune della “polis”, della città.

Nessuno ignora che oggi la professione e l’esercizio della politica – essendo il più importante di tutti nel compito di leadership e di costruzione sociale – è anche il più screditato di tutti. Soprattutto perché i politici si sono dedicati alla ricerca di beni personali e particolari, dimenticando la ricerca del bene comune.

Questo discredito produce, allo stesso tempo, una crisi della “democrazia” come sistema di governo che garantisce il rispetto dei diritti dei cittadini e la massima partecipazione di tutti alla costruzione delle migliori aspirazioni collettive.

Sono molteplici i fattori che spiegano il discredito dell’esercizio della politica e dei politici e che – quindi – minano la democrazia e la fiducia nelle sue istituzioni. Tra questi si segnalano la corruzione nell’amministrazione pubblica e privata, con la conseguente frustrazione e malcontento; disuguaglianza sociale, con il conseguente risentimento che genera; l’indebolimento delle istituzioni che dovrebbero garantire il rispetto della legge e dei diritti di tutti, come causa ed effetto di questa crisi, e l’apatia e l’indifferenza politica che tutto ciò produce, come terreno fertile per l’emergere di agenti e movimenti antidemocratici.

Data la brevità che questo scritto richiede, mi limiterò a sottolineare due aspetti fondamentali di questa crisi: la post-verità e il populismo.

Hannah Arendt, la grande filosofa e storica, nella sua analisi di “Verità e politicalamenta che “verità e politica non sono mai andate d’accordo” e che “nessuno ha mai posto la veridicità tra le virtù politiche”. Così, in assenza di istituzioni (politiche o religiose) che – come nella modernità – impongano una verità oggettiva e universalmente valida, e in mezzo al caos e all’assurdità che significa vivere senza certezze, l’uomo postmoderno vive costruendo le “sue” verità, mezze verità o menzogne ​​assolute che giustificano il suo stile di vita, i suoi interessi, il suo comportamento, il suo essere e la sua esistenza nel mondo. L’esercizio della politica diventa quindi politica e demagogia.

Assistiamo – sconcertati e terrorizzati – alla predicazione e alla propagazione di menzogne ​​come se fossero verità, alla giustificazione di decisioni arbitrarie, di violenza, di repressione e perfino di guerre attraverso menzogne ​​e fallacie ripetute per farle sembrare vere, all’imposizione di post-verità come se fossero la verità. Viviamo sopraffatti dal sovraccarico di disinformazione o di false informazioni politiche per manipolare l’opinione pubblica, al fine di raggiungere obiettivi riprovevoli, scopi che non giovano mai al bene comune o sono in accordo con il buon senso e il sentimento o con i migliori valori e desideri umani.

La “verità” della postmodernità o “post-verità”, come la chiamano oggi, così privilegiata e utilizzata oggi dai professionisti della politica nelle campagne elettorali e nelle decisioni governative, attribuisce maggior valore e peso alle emozioni e all’isteria collettiva che alla ragione o ai fatti e alle prove; Distorce selettivamente la realtà per sostenere narrazioni egoistiche e confondere il compito umano di distinguere la verità dalle bugie.

Poiché non ci è permesso conoscere la verità dei fatti e si verificano menzogne ​​ripetute e senza scrupoli, se ci atteniamo alla massima di Abraham Lincoln: “Lasciate che la gente conosca i fatti (la verità) e il Paese sarà al sicuro“, viviamo oggi – grazie alla farsa e all’ipocrisia come stile di vita e professione dei nostri politici e governanti in carica – in una situazione nazionale e internazionale di insicurezza, mancanza di difesa, instabilità, sfiducia, mancanza di protezione, incertezza e perplessità.

Il populismo è un modo falso e dannoso di fare politica sotto le mentite spoglie della politica. C’è populismo e populisti in tutti gli ambiti della vita sociale: tra i politici di destra, di centro o di sinistra, tra i leader religiosi, tra i leader, gli imprenditori, gli insegnanti e i genitori, ecc. Molte società nel mondo sono già guidate da persone populiste e disoneste, timorose di scoprire e annunciare la verità, molto inclini all’adulazione, alla complicità, alla compiacenza e all’ipocrisia, a doppi standard che rendono incoerenti parole e fatti, tra ciò che si crede e ciò che si vive, tra ciò che si predica e ciò che si pratica.

Il populismo è guidato da “leader” carismatici capaci di entrare in sintonia con le emozioni, i pregiudizi, i risentimenti e gli antivalori di alcuni gruppi; con discorsi che fanno appello alla polarizzazione, alla divisione sociale e mai all’unità, all’odio e mai alla coesistenza pacifica, ad analisi e soluzioni rapide e facili a problemi sociali complessi e gravi, al nazionalismo, alla sfiducia nelle istituzioni, al messianismo e all’autoritarismo e mai al consenso.

Il populista divide per conquistare, si confronta, incolpa il passato e gli altri della sua inefficacia, pieno di paure trasforma le sue paure in repressione, non governa per tutti ma per coloro che – per convenienza o per paura – lo applaudono e lo adulano. Così egli costruisce attorno a sé il regno del potere per il potere, non per il servizio, un regno di mediocrità, di inettitudine, di retorica ingannevole, di censura, ecc.

I populisti di oggi emergono nelle democrazie e, una volta al potere, le erodono fino a trasformare il regime in autoritarismo. Una tale trasformazione… dipende dalla forza istituzionale che li circonda” (De la Torre e Peruzzotti citati da Eduardo Posada Carbó – El Tiempo.cm – 16 gennaio – 2025) e Cayetana Álvarez de Toledo, deputata spagnola, da parte sua, in un discorso agli studenti dell’Università della Libertà in Messico, afferma che oggi, come l’acqua o l’elettricità, “la verità è una necessità fondamentale”. Per affrontare tutto ciò che minaccia la migliore delle nostre convivenze sociali, per affrontare le menzogne, la post-verità e la politica, per affrontare ogni forma di populismo, spetta a tutti noi – contro l’indifferenza e l’apatia – agire e partecipare in tutti gli spazi possibili e disponibili della vita sociale e politica. Il voto non basta, poiché esistono molti regimi di governo antidemocratici in cui il voto è molto frequente.

Spetta a tutti noi cercare una guida politica nei più capaci e intelligenti, nei più onesti e in coloro che cercano di difendere, impegnarsi e rispettare i valori umani, sociali e democratici.

Sta a tutti noi scegliere tra verità o bugie, tra modestia o spettacolarità, tra altruismo o egolatria, tra autorità o autoritarismo, tra civiltà o dispotismo, tra unità o polarizzazione, tra libertà o servilismo, tra pensiero critico o censura, tra ordine sociale o caos e anarchia, tra costruzione sociale o degrado morale, tra il bene di tutti o il beneficio e lo sfruttamento di pochi, tra buon senso, ragione, buon senso o follia e follia.