L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 9.00 in Piazza San Pietro, dove il Santo Padre Francesco ha incontrato i gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa, continuando il ciclo di catechesi su “I vizi e le virtù”, ha incentrato la sua riflessione sul tema La vita di grazia secondo lo Spirito (Lettura: Col 1,3-5).
Dopo aver riassunto la Sua catechesi nelle diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con la recita del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.
Il testo qui di seguito include anche parti non lette che sono date ugualmente come pronunciate.
Catechesi. I vizi e le virtù. 16. La vita di grazia secondo lo Spirito
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Nelle scorse settimane abbiamo riflettuto sulle virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Sono le quattro virtù cardinali. Come abbiamo sottolineato più volte, queste quattro virtù appartengono a una sapienza molto antica, che precede anche il cristianesimo. Già prima di Cristo si predicava l’onestà come dovere civile, la sapienza come regola delle azioni, il coraggio come ingrediente fondamentale per una vita che tende verso il bene, la moderazione come misura necessaria per non essere travolti dagli eccessi. Questo patrimonio tanto antico, patrimonio dell’umanità, non è stato sostituito dal cristianesimo, ma messo bene a fuoco, valorizzato, purificato e integrato nella fede.
C’è dunque nel cuore di ogni uomo e donna la capacità di ricercare il bene. Lo Spirito Santo è donato perché chi lo accoglie possa distinguere chiaramente il bene dal male, avere la forza per aderire al bene rifuggendo dal male e, così facendo, raggiungere la piena realizzazione di sé.
Ma nel cammino che tutti stiamo facendo verso la pienezza della vita, che appartiene al destino di ogni persona – il destino di ogni persona è la pienezza, essere piena di vita –, il cristiano gode di una particolare assistenza dello Spirito Santo, lo Spirito di Gesù. Essa si attua con il dono di altre tre virtù, prettamente cristiane, che spesso vengono nominate insieme negli scritti del Nuovo Testamento. Questi atteggiamenti fondamentali, che caratterizzano la vita del cristiano, sono tre virtù che noi diremo adesso insieme: la fede, la speranza e la carità. Diciamolo insieme: [insieme] la fede, la speranza… non sento niente, più forte! [insieme] La fede, la speranza e la carità. Siete stati bravi! Gli scrittori cristiani le hanno ben presto chiamate virtù “teologali”, in quanto si ricevono e si vivono nella relazione con Dio, per differenziarle dalle altre quattro chiamate “cardinali”, in quanto costituiscono il “cardine” di una vita buona. Queste tre sono ricevute nel Battesimo e vengono dallo Spirito Santo. Le une e le altre, sia le teologali sia le cardinali, accostate in tante riflessioni sistematiche, hanno così composto un meraviglioso settenario, che spesso viene contrapposto all’elenco dei sette vizi capitali. Così il Catechismo della Chiesa Cattolica definisce l’azione delle virtù teologali: «Fondano, animano e caratterizzano l’agire morale del cristiano. Esse informano e vivificano tutte le virtù morali. Sono infuse da Dio nell’anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli e meritare la vita eterna. Sono il pegno della presenza e dell’azione dello Spirito Santo nelle facoltà dell’essere umano» (n. 1813).
Mentre il rischio delle virtù cardinali è quello di generare uomini e donne eroici nel compiere il bene, ma tutto sommato soli, isolati, il grande dono delle virtù teologali è l’esistenza vissuta nello Spirito Santo. Il cristiano non è mai solo. Compie il bene non per un titanico sforzo di impegno personale, ma perché, come umile discepolo, cammina dietro al Maestro Gesù. Lui va avanti nella via. Il cristiano ha le virtù teologali che sono il grande antidoto all’autosufficienza. Quante volte certi uomini e donne moralmente ineccepibili corrono il rischio di diventare, agli occhi di chi li conosce, presuntuosi e arroganti! È un pericolo davanti al quale il Vangelo ci mette bene in guardia, là dove Gesù raccomanda ai discepoli: «Anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”» (Lc 17,10). La superbia è un veleno, è un veleno potente: ne basta una goccia per guastare tutta una vita improntata al bene. Una persona può avere compiuto anche una montagna di opere benefiche, può aver mietuto riconoscimenti ed encomi, ma se tutto ciò l’ha fatto solo per sé stesso, per esaltare sé stessa, può dirsi ancora una persona virtuosa? No!
Il bene non è solo un fine, ma anche un modo. Il bene ha bisogno di tanta discrezione, di molta gentilezza. Il bene ha bisogno soprattutto di spogliarsi di quella presenza a volte troppo ingombrante che è il nostro io. Quando il nostro “io” è al centro di tutto, si rovina tutto. Se ogni azione che compiamo nella vita la compiamo solo per noi stessi, è davvero così importante questa motivazione? Il povero “io” si impadronisce di tutto e così nasce la superbia.
Per correggere tutte queste situazioni che a volte diventano penose, le virtù teologali sono di grande aiuto. Lo sono soprattutto nei momenti di caduta, perché anche coloro che hanno buoni propositi morali a volte cadono. Tutti cadiamo, nella vita, perché tutti siamo peccatori. Come anche chi si esercita quotidianamente nella virtù a volte sbaglia – tutti sbagliamo nella vita –: non sempre l’intelligenza è lucida, non sempre la volontà è ferma, non sempre le passioni sono governate, non sempre il coraggio sovrasta la paura. Ma se apriamo il cuore allo Spirito Santo – il Maestro interiore –, Egli ravviva in noi le virtù teologali: allora, se abbiamo perso la fiducia, Dio ci riapre alla fede – con la forza dello Spirito, se abbiamo perso la fiducia, Dio ci riapre alla fede –; se siamo scoraggiati, Dio risveglia in noi la speranza; e se il nostro cuore è indurito, Dio lo intenerisce col suo amore. Grazie.
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Saluti
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Suore Francescane Missionarie di Gesù Bambino, che celebrano il Capitolo Generale, e i Fratelli Maristi.
Accolgo con affetto i fedeli di Borgo Faiti di Latina, Mondragone e Gragnano, affidando ciascuno alla materna protezione della Vergine Maria, protettrice delle rispettive comunità.
Saluto, inoltre, la Rete dei Comitati di San Calogero provenienti dalla Sicilia, la Scuola Militare “Nunziatella” di Napoli e la Banda di Galati Mamertino.
Il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli. Domani celebreremo la festa liturgica di san Marco, l’Evangelista che ha descritto con vivacità e concretezza il mistero della persona di Gesù di Nazaret. Invito tutti voi a lasciarvi affascinare da Cristo, per collaborare con entusiasmo e fedeltà alla costruzione del Regno di Dio.
E poi il pensiero va alla martoriata Ucraina, alla Palestina, a Israele, al Myanmar che sono in guerra, e a tanti altri Paesi. La guerra sempre è una sconfitta, e quelli che guadagnano di più sono i fabbricatori di armi. Per favore, preghiamo per la pace! Preghiamo per la martoriata Ucraina: soffre tanto, tanto. I soldati giovani vanno a morire. Preghiamo. E preghiamo anche per il Medio Oriente, per Gaza: si soffre tanto lì, nella guerra. Per la pace tra Palestina e Israele, che siano due Stati, liberi e con buoni rapporti. Preghiamo per la pace.
A tutti la mia benedizione!