Questa mattina, prima dell’Udienza Generale, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza una Delegazione della Comunità Afgana in Italia. In Afghanistan, per molte comunità, questa distinzione può portare a situazioni di discriminazione ed esclusione, e persino a persecuzione diretta. Inoltre, la religione viene spesso distorta e utilizzata per scopi non compatibili con i suoi veri principi.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti all’Udienza:
Discorso del Santo Padre
Gentili Signori,
sono lieto di incontrare voi che rappresentate l’Associazione Comunità Afgana in Italia.
L’Afghanistan, negli ultimi decenni, ha avuto una storia complicata e drammatica, caratterizzata da un susseguirsi di guerre e di conflitti sanguinosi, che hanno reso assai difficile per la popolazione condurre un’esistenza tranquilla, libera e sicura. L’instabilità, le operazioni belliche, con il loro carico di distruzione e di morte, le divisioni interne e gli impedimenti a vedersi riconosciuti alcuni diritti fondamentali, hanno spinto molti a prendere la via dell’esilio. Io ho incontrato alcune famiglie dell’Afghanistan che sono venute qui.
Va ricordata anche un’altra importante caratteristica della società afgana e anche di quella pakistana, vale a dire che esse sono costituite da molti popoli, ciascuno fiero della sua cultura, delle sue tradizioni, del suo specifico modo di vivere. Questa marcata differenziazione, invece di essere occasione per promuovere un minimo comune denominatore a tutela delle specificità e dei diritti di ciascuno, a volte è motivo di discriminazioni ed esclusioni, se non addirittura di vere e proprie persecuzioni. Sembra tragico, ma voi avete passato un tempo tragico, con tante guerre…
Tutto questo poi trova una rilevanza ancora maggiore nell’area di confine con il Pakistan, dove l’intreccio delle etnie e l’estrema “porosità” dei confini determinano una situazione non facile da decifrare e nella quale è molto arduo rendere effettiva una normativa che sia concretamente recepita e applicata da tutti. In simili contesti possono innescarsi processi nei quali la parte che è o si sente più forte tende ad andare oltre gli stessi dettami della legge o a prevaricare sulle minoranze, facendosi scudo del preteso diritto della forza piuttosto che contare sulla forza del diritto.
Il fattore religioso, per sua natura, dovrebbe contribuire a stemperare le asprezze dei contrasti, dovrebbe creare lo spazio perché a tutti vengano riconosciuti pieni diritti di cittadinanza su un piano di parità e senza discriminazioni. Tuttavia, diverse volte la religione subisce manipolazioni e strumentalizzazioni, e finisce per servire a disegni che non sono compatibili con essa. In questi casi la religione diventa fattore di scontro e di odio, che può sfociare in atti violenti. E voi lo avete visto, alcune volte. Io ricordo, quel momento duro, aver visto filmati nelle notizie: con quanta durezza, con quanto dolore …
È perciò indispensabile che in tutti maturi la convinzione che non si può, in nome di Dio, fomentare il disprezzo dell’altro, l’odio e la violenza. Vi incoraggio, dunque, a proseguire nel vostro nobile intento di promuovere l’armonia religiosa e di operare affinché vengano superate le incomprensioni tra le diverse religioni per costruire così un percorso di dialogo fiducioso e di pace. È un cammino non semplice, che a volte subisce delle battute d’arresto, ma è l’unico cammino possibile, da perseguire con tenacia e costanza, se davvero si desidera fare il bene della comunità e favorire la pace. Io ricordo quando sono stato nella Repubblica Centrafricana, che ero con la comunità cattolica e poi sono andato a visitare la comunità islamica, e ho pregato nella moschea. E lì c’era un incontro con i dirigenti, e la moschea era un po’ avanti. E io dissi: “Ma posso andare a pregare?” – non se lo aspettavano. “Sì”: ho tolto le scarpe e sono andato a pregare lì. E poi il capo della comunità è salito sulla mia papamobile e siamo andati a visitare tutte le comunità, sia la islamica, sia la protestante, sia la cattolica. E questo unisce, questo unisce tanto.
A questo proposito, vorrei ricordare quanto, insieme al Grande Iman di Al-Azhar, abbiamo dichiarato nel Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune, firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019, cioè che «le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato […] dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portarli a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione». Pertanto abbiamo chiesto a tutti di «cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione». E lo abbiamo fatto proprio per la fede in Dio, il quale ha creato gli uomini perché vivano da fratelli e «non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente». Quanto detto circa il ruolo della religione si può applicare per analogia alle differenze etnico-linguistico-culturali, per la cui gestione è parimenti necessario «adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio» (ibid.).
Cari fratelli, auspico vivamente che questi criteri diventino patrimonio comune, tale da influenzare mentalità e comportamenti, così che i principi siano non soltanto astrattamente apprezzati e condivisi, ma concretamente e puntualmente applicati. Se ciò accadrà, anche le discriminazioni che la vostra Associazione lamenta ai danni dell’etnia Pashtun in Pakistan avranno termine e potrà iniziare una nuova epoca, nella quale la forza del diritto, la compassione – questa parola è chiave: la compassione – e la collaborazione nel rispetto reciproco daranno luogo a una civiltà più giusta e umana. Io ho visto in alcuni Paesi dell’Africa, per esempio, dove ci sono due religioni importanti – l’islam e il cattolicesimo – come per Natale gli islamici vanno a salutare i cristiani e portano agnelli e altre cose, e per la Festa del Sacrificio i cristiani vanno dai musulmani e portano loro cose per la festa: questa è la vera fraternità, e questo è bello. Lottate per questo.
Voglia Dio onnipotente e misericordioso assistere i governanti e i popoli nella costruzione di una società dove a tutti sia riconosciuta piena cittadinanza nell’uguaglianza dei diritti; dove ognuno possa vivere secondo i propri costumi e la propria cultura, in un quadro che tenga conto dei diritti di tutti, senza prevaricazioni o discriminazioni.
Cari amici, vi ringrazio della vostra visita. Auguro ogni bene per la vostra attività e invoco su di voi e le vostre famiglie la benedizione di Dio. E voi pregate perché Dio mi benedica. Grazie.