Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in udienza i membri del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, a settant’anni dalla sua istituzione ad opera di Pio XII nel 1954
A loro il Papa ha affidato il mandato di ampliare le relazioni scientifiche e umane, evitando tentazioni ideologiche e ogni forma di chiusura mentale e istituzionale.
Vi invitiamo a continuare il vostro servizio per alimentare la “civiltà dell’incontro” e contrastare l’“inciviltà del confronto”.
Di seguito pubblichiamo il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle, buongiorno, e benvenuti!
Sono contento di darvi il benvenuto in occasione della vostra adunanza plenaria, nell’ambito della quale celebrate il 70° anniversario dell’istituzione del Pontificio Comitato.
Saluto il Presidente, Padre Marek Inglot, e saluto ciascuno di voi, grato per il vostro incontro e per il vostro servizio. Provenite da diversi Paesi e da tre continenti, ognuno con le proprie, apprezzate competenze specialistiche. Così garantite la dimensione internazionale e il carattere pluridisciplinare del Comitato, la cui attività di ricerca, convegnistica ed editoriale si inscrive in una dinamica multiculturale feconda e propositiva. La bella Collana «Atti e Documenti», diretta dal Segretario del Pontificio Comitato, festeggia quest’anno anch’essa un settantesimo: il 70° volume edito.
Ciò testimonia un impegno nella ricerca della verità storica su scala mondiale, in uno spirito di dialogo con differenti sensibilità storiografiche e con molteplici tradizioni di studi. È bene che collaboriate con altri, espandendo le vostre relazioni scientifiche e umane, ed evitando forme di chiusura mentale e istituzionale. Vi incoraggio a mantenere questo approccio arricchente, fatto di ascolto costante e attento, libero da ogni ideologia – le ideologie uccidono – e rispettoso della verità. Ribadisco quanto vi dissi in occasione del vostro 60° anniversario: «Nell’incontro e nella collaborazione con ricercatori di ogni cultura e religione, voi potete offrire un contributo specifico al dialogo tra la Chiesa e il mondo contemporaneo» (Discorso, 12 aprile 2014).
Questo stile concorre a sviluppare quella che chiamerei “diplomazia della cultura”. È molto attuale, e oggi tanto più necessaria nel contesto del pericoloso conflitto globale a pezzi in atto, al quale non possiamo assistere inerti. Vi invito pertanto a proseguire nel lavoro di ricerca storica aprendo orizzonti di dialogo, dove portare la luce della speranza del Vangelo, quella speranza che non delude (cfr Rm 5,5).
Mi piace pensare al rapporto tra la Chiesa e gli storici nei termini di prossimità. C’è infatti una relazione vitale tra la Chiesa e la storia. Su tale aspetto San Paolo VI ha sviluppato un’intensa riflessione, ravvisando il punto di incontro privilegiato tra la Chiesa e gli storici nella comune ricerca della verità e nel comune servizio alla verità. Ricerca e servizio. Ecco le parole che rivolse agli storici, nel 1967: «Può essere qui che si trovi il principale punto di incontro tra voi e noi […], tra la verità religiosa della quale la Chiesa è depositaria e la verità storica, della quale voi siete i buoni e devoti servitori: tutto l’edificio del cristianesimo, della sua dottrina, della sua morale e del suo culto, tutto riposa in definitiva sulla testimonianza. Gli Apostoli di Cristo hanno testimoniato ciò che hanno visto e ascoltato. […] Ciò lascia comprendere quanto un organismo di natura spirituale e religiosa come la Chiesa cattolica sia interessato alla ricerca e all’affermazione della verità storica […] Essa pure ha una storia, e il carattere storico delle sue origini ha in particolare per essa un’importanza decisiva» (Discorso ai partecipanti all’Assemblea generale del Comitato internazionale di scienze storiche, 3 giugno 1967).
La Chiesa cammina nella storia, accanto alle donne e agli uomini di ogni tempo, e non appartiene a nessuna cultura particolare, ma desidera vivificare con la testimonianza mite e coraggiosa del Vangelo il cuore di ogni cultura, così da costruire insieme la civiltà dell’incontro. Invece, le tentazioni dell’autoreferenzialità individualistica e dell’affermazione ideologica del proprio punto di vista alimentano l’inciviltà dello scontro. La civiltà dell’incontro e l’inciviltà dello scontro. È bello che voi, a settant’anni dalla nascita, testimoniate di saper resistere a tali tentazioni, vivendo con passione, attraverso gli studi, l’esperienza rigenerante del servizio all’unità, a quell’unità composita e armonica che lo Spirito Santo ci mostra a Pentecoste.
Sessant’anni fa, in quell’evento benedetto dallo Spirito che è stato il Concilio Vaticano II, San Paolo VI pronunciò parole che suonano come monito a ogni lusinga di compiaciuta autoreferenzialità ecclesiale, dalla quale occorre proteggere il vostro servizio: «Nessuno […] pensi che la Chiesa […] si soffermi su se stessa per compiacersene e dimentichi sia Cristo, dal quale tutto riceve, a cui tutto deve, sia il genere umano, per servire il quale è nata. La Chiesa sta nel mezzo tra Cristo e la comunità umana, non ripiegata su di sé, non come un velo opaco che impedisce la vista, non fine a se stessa, ma al contrario costantemente sollecita di essere tutta di Cristo, in Cristo, per Cristo, di essere tutta degli uomini, tra gli uomini, per gli uomini, tramite veramente umile ed eccellente tra il Divin Salvatore e l’umanità» (Discorso per l’inaugurazione della III Sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II, 14 settembre 1964, 17).
Per i vostri settant’anni, vi auguro di conformare il vostro operato a queste parole: gli studi storici vi rendano maestri in umanità e servitori dell’umanità. A voi e ai vostri cari imparto di cuore la mia benedizione, chiedendovi, per favore, di pregare per me. Grazie.