Il cardinale Felipe Arizmendi, vescovo emerito di San Cristóbal de Las Casas e responsabile della Dottrina della fede nella Conferenza episcopale messicana (CEM), offre ai lettori di Exaudi il suo articolo settimanale dal titolo “Sinodo e clericalismo”.
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Papa Francesco denuncia spesso il clericalismo, che è l’atteggiamento di noi chierici (diaconi, sacerdoti e vescovi), quando siamo autoritari, quando monopolizziamo il ministero pastorale, quando decidiamo senza ascoltare la comunità, quando ci rifugiamo in un’autorità prepotente. La prima volta che l’ho sentito parlare di questo è stato durante la sua visita in Colombia (settembre 2017), in una riunione del Celam, della cui struttura facevo parte come responsabile della pastorale con le popolazioni indigene. Ci ha detto: “È imperativo superare il clericalismo che infantilizza i fedeli cristiani laici e impoverisce l’identità dei ministri ordinati”.
Questo pericolo, che è molto reale, ha incoraggiato alcuni a incolpare noi chierici perché la Chiesa non compie bene la sua identità e la sua missione, come se fossimo gli unici responsabili. Ad esempio, in una riunione di gruppo virtuale a cui ho partecipato durante l’Assemblea ecclesiale latinoamericana, promossa dal Celam nel novembre 2021, i 15 partecipanti provenienti da diversi Paesi inveivano contro i chierici. È arrivato il momento in cui ho detto loro: “Basta con i preti, se fanno così tanti danni alla Chiesa”. Hanno reagito e qualificato la loro posizione, riconoscendo che non tutti i chierici sono uguali.
Durante la recente prima assemblea del Sinodo della sinodalità, la questione è stata affrontata, ma con importanti precisazioni. Cosa è stato detto?
DISCERNERE
Convergenze su cui tutti erano d’accordo:
“I sacerdoti sono i principali collaboratori del vescovo e formano con lui un unico presbiterio (cfr. LG 28); i diaconi, ordinati al ministero, servono il popolo di Dio nella diaconia della Parola, della liturgia, ma soprattutto della carità (cfr. LG 29)”. A loro l’Assemblea sinodale esprime, in primo luogo, una profonda gratitudine. Consapevole che possono sperimentare solitudine e isolamento, raccomanda alle comunità cristiane di sostenerli con la preghiera, l’amicizia e la collaborazione.
I diaconi e i sacerdoti sono impegnati nelle più svariate forme di ministero pastorale: servizio nelle parrocchie, evangelizzazione, aiuto ai poveri e agli emarginati, coinvolgimento nel mondo della cultura e dell’educazione, missione “ad gentes”, ricerca teologica, animazione di centri di spiritualità e molte altre. In una Chiesa sinodale, i ministri ordinati sono chiamati a vivere il loro servizio al popolo di Dio in un atteggiamento di vicinanza alle persone, di accoglienza e ascolto di tutti, e a coltivare una profonda spiritualità personale e una vita di preghiera. Soprattutto, sono chiamati a ripensare l’esercizio dell’autorità sul modello di Gesù che, “pur essendo in forma di Dio, […] svuotò se stesso, assumendo la forma di servo” (Fil 2, 6-7). L’Assemblea riconosce che molti sacerdoti e diaconi rendono visibile con il loro dono di sé il volto di Cristo Buon Pastore e Servo.
Un ostacolo al ministero e alla missione è il clericalismo. Esso deriva da un’incomprensione della chiamata divina, che porta a vederla più come un privilegio che come un servizio, e si manifesta in uno stile di potere mondano che rifiuta di essere responsabile. Questa deformazione del sacerdozio deve essere combattuta fin dalle prime fasi della formazione, attraverso il contatto vivo con la vita quotidiana del popolo di Dio e un’esperienza concreta di servizio ai più bisognosi. È impossibile immaginare il ministero del sacerdote oggi se non in relazione con il vescovo, nel presbiterio, in profonda comunione con altri ministeri e carismi. Purtroppo il clericalismo è un atteggiamento che può manifestarsi non solo nei ministri ma anche nei laici.
La consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti è un prerequisito per esercitare il ministero ordinato in uno stile di corresponsabilità. Per questo la formazione umana deve garantire un percorso di realistica conoscenza di sé, che si integri con la crescita culturale, spirituale e apostolica. In questo percorso non va sottovalutato il contributo della famiglia d’origine e della comunità cristiana, in mezzo alla quale il giovane ha maturato la sua vocazione, e delle altre famiglie che accompagnano la sua crescita.
Molte donne hanno espresso la loro profonda gratitudine per il lavoro di sacerdoti e vescovi, ma hanno anche parlato di una Chiesa che fa male. Il clericalismo, il maschilismo e l’abuso di autorità continuano a segnare il volto della Chiesa e a danneggiare la comunione. È necessaria una profonda conversione spirituale come base per qualsiasi cambiamento strutturale. Gli abusi sessuali, di potere ed economici continuano a richiedere giustizia, guarigione e riconciliazione. Ci chiediamo come la Chiesa possa diventare uno spazio capace di proteggere tutti.
Questioni che devono essere affrontate e analizzate:
“Nella prospettiva della formazione di tutti i battezzati per una Chiesa sinodale, quella dei diaconi e dei presbiteri richiede un’attenzione particolare. È stata ampiamente espressa la richiesta che i seminari o altri corsi di formazione per i candidati al ministero siano legati alla vita quotidiana delle comunità. Occorre evitare i rischi del formalismo e dell’ideologia, che portano ad atteggiamenti autoritari e impediscono una reale crescita vocazionale. Ripensare gli stili e i percorsi della formazione richiede una revisione e un dibattito di ampio respiro”.
Proposte:
“È necessaria una profonda revisione della formazione al ministero ordinato alla luce della prospettiva della Chiesa sinodale missionaria. Ciò implica la revisione della ‘Ratio fundamentalis’ che ne determina il profilo. Allo stesso tempo, raccomandiamo la formazione permanente dei sacerdoti e dei diaconi in senso sinodale.
La dimensione della trasparenza e la cultura della responsabilità sono di importanza cruciale per far progredire la costruzione di una Chiesa sinodale. Chiediamo alle Chiese locali di individuare processi e strutture che permettano una verifica regolare di come sacerdoti e diaconi in posizioni di responsabilità esercitano il loro ministero. Le istituzioni esistenti, come gli organismi di partecipazione o le visite pastorali, possono essere il punto di partenza per questo lavoro, avendo cura di coinvolgere la comunità”.
ATTO
Chierici, verifichiamo se esercitiamo la nostra autorità, perché ce l’abbiamo, nello stile di Gesù, che a volte corregge e rimprovera, ma il cui approccio alle persone con gentilezza e comprensione spicca, e rende gli apostoli e gli altri discepoli, non escluse le donne, partecipi della sua missione. Sorelle e altri laici, quando ci vedono autoritari e distanti, aiutateci non solo con la vostra preghiera, ma anche con i vostri consigli, con la vostra correzione fraterna.