“Per superare le crisi abbiamo bisogno di protagonisti dell’umanità”

Intervista al Papa realizzata a fine settembre dall’agenzia di stampa argentina Télam

Vatican News

“Lo sfruttamento è una delle origini della guerra. L’altra origine è quella geopolitica del dominio del territorio”, ha detto Papa Francesco in un’intervista all’agenzia di stampa Télam. In cui ha affrontato altri temi come la crisi e i falsi messia, il lavoro, l’intelligenza artificiale, il sinodo e la speranza.

“Mi piace la parola crisi perché ha un movimento interno. Ma da una crisi si esce verso l’alto, non si esce sciacquando. Si esce verso l’alto e non si esce da soli. Chi vuole uscirne da solo trasforma la via d’uscita in un labirinto, che gira sempre in tondo”, ha detto il Papa.

Ha anche sottolineato l’importanza di insegnare ai giovani “come risolvere le crisi. Perché questo dà maturità”, e possono mettere in guardia dal messianismo: “Nessuno può promettere di risolvere i conflitti, se non attraverso le crisi, andando verso l’alto. E non da solo.

La crisi dell’umanità

La giornalista di Télam Bernarda Llorente ha chiesto al Papa: cosa manca all’umanità e cosa le manca? Francesco ha risposto che è necessario promuovere i “veri valori”:

“L’umanità manca di protagonisti dell’umanità, che rendano visibile il suo protagonismo umano. A volte noto che manca questa capacità di gestire le crisi e di far emergere la propria cultura. Non abbiamo paura di far emergere i veri valori di un Paese. Le crisi sono come voci che ci indicano dove procedere”.

Ha anche avvertito che “il pensiero unico bandisce la ricchezza umana. E la ricchezza umana deve contemplare tre realtà, tre linguaggi: della testa, del cuore e delle mani. In modo che si pensi ciò che si sente e si fa, si senta ciò che si pensa e si fa e si faccia ciò che si pensa e si sente. Questa è l’armonia umana. Se manca uno di questi tre linguaggi, c’è uno squilibrio tale da portare al singolo sentimento, al singolo pragmatismo o al singolo pensiero. Questi sono tradimenti dell’umanità.

La dignità del lavoro

A proposito del lavoro, il Pontefice ha ricordato la dignità del lavoro e il grave peccato dello sfruttamento: “È il lavoro che ti unge di dignità. Ora, il più grande tradimento di questo cammino di dignità è lo sfruttamento. Non della terra perché produca di più, ma lo sfruttamento del lavoratore. Sfruttare le persone è uno dei peccati più gravi. E sfruttarle per il proprio profitto”.

Ha anche sottolineato la necessità dei diritti dei lavoratori, affinché non diventino schiavi: “Quando un lavoratore non ha diritti o viene assunto per poco tempo per poi cambiarli e non pagare i contributi, diventa uno schiavo e si diventa carnefici”, ha detto.

Francesco si è lamentato del fatto che alcuni lo chiamano dittatore quando sentono parlare delle sue encicliche sociali: “Non è così. Il Papa prende il Vangelo e dice quello che il Vangelo dice. Già nell’Antico Testamento la legge ebraica chiedeva di prendersi cura della vedova, dell’orfano e dello straniero. Se una società realizza queste tre cose, sta facendo bene.

“E chiarisco che non sono un comunista come alcuni dicono. Il Papa segue il Vangelo”, ha ribadito Francesco.

La signoria della persona sulla tecnologia


Gli è stato chiesto anche dei progressi della tecnologia e delle loro implicazioni: “La linea guida del progresso culturale, compresa l’intelligenza artificiale, è la capacità degli uomini e delle donne di gestirla, assimilarla e governarla. In altre parole, gli uomini e le donne sono i signori della creazione e non dobbiamo rinunciare a questo. La signoria dell’individuo su tutto. Un serio cambiamento scientifico è un progresso. Bisogna essere aperti a questo”, ha risposto il Papa.

Sicurezza universale

E tornando al tema della guerra, ha chiesto una sicurezza universale attraverso il dialogo: “Non si può parlare di sicurezza sociale se non c’è una sicurezza universale, o che sta per diventare universale. Credo che il dialogo non possa essere solo nazionalistico, ma universale, soprattutto oggi con tutte le possibilità di comunicazione che ci sono. Per questo parlo di dialogo universale, di armonia universale, di incontro universale. E naturalmente il nemico di tutto questo è la guerra.

 

Papa Francesco ritiene che “lo sfruttamento” e “il dominio dei territori” siano alla base delle guerre “fomentate dalle dittature”.

Per costruire la pace e il bene comune, il Santo Padre esorta a “prendere coscienza della propria identità. Non si può dialogare con l’altro se non si è consapevoli della propria identità. Quando due identità consapevoli si incontrano, possono dialogare e fare passi verso l’accordo, verso il progresso, verso il camminare insieme”.

La Chiesa in armonia

Sugli sviluppi del Sinodo, e alla domanda in questa intervista, che tipo di Chiesa è necessaria per questi tempi? Il Pontefice ha ricordato: “fin dall’inizio del Concilio Vaticano II, Giovanni XXIII ebbe una percezione molto chiara: la Chiesa doveva cambiare. Paolo VI era d’accordo e ha continuato, così come i Papi che li hanno succeduti. Non si tratta solo di cambiare moda, ma di un cambiamento di crescita e a favore della dignità delle persone. E c’è la progressione teologica, della teologia morale e di tutte le scienze ecclesiastiche, compresa l’interpretazione delle Scritture, che sono progredite secondo i sentimenti della Chiesa. Sempre in armonia.

La speranza, un condimento quotidiano

L’intervista prosegue con temi personali come il rapporto con Dio: “il Signore è un buon amico, mi tratta bene”; e sulla capacità di ridere: “il senso dell’umorismo umanizza”. E sull’importanza della virtù della speranza:

“Non possiamo vivere senza speranza. Se tagliassimo le piccole speranze di ogni giorno, perderemmo la nostra identità. Non ci rendiamo conto che viviamo di speranza. E la speranza teologica è molto umile, ma è quella che condisce il condimento quotidiano”.

Per quanto riguarda i suoi viaggi apostolici, ha detto che gli piacerebbe andare in Argentina. “Parlando di lontano, ho ancora la Papua Nuova Guinea”, ha detto.