Questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti al pellegrinaggio della Diocesi di Alessandria e i ragazzi della Cresima della Diocesi di Spoleto-Norcia.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’incontro:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!
Ringrazio Mons. Gallese e Mons. Boccardo per le loro presentazioni. Mi rivolgerò prima ai pellegrini di Alessandria – in ordine alfabetico!
Cari fratelli e sorelle della Diocesi di Alessandria, il 450° anniversario della morte di San Pio V, unico Papa piemontese, nato a Bosco Marengo, nell’attuale territorio della Diocesi di Alessandria, offre lo spunto per qualche considerazione molto attuale.
Papa Pio V, al secolo Antonio Ghislieri, ha affrontato in soli sei anni di pontificato molte sfide pastorali e di governo. Fu un riformatore della Chiesa, che fece scelte coraggiose. Da allora, è cambiato lo stile del governo della Chiesa e sarebbe un errore anacronistico valutare certe opere di San Pio V con la mentalità di oggi. Così pure dobbiamo fare attenzione a non ridurlo a un ricordo nostalgico, a una memoria imbalsamata, ma coglierne l’insegnamento e la testimonianza. Con questo sguardo, possiamo notare che l’asse portante di tutta la sua vita è stata la fede.
Come possiamo declinare oggi i suoi insegnamenti? In primo luogo, ci invitano a essere cercatori della verità. Gesù è la Verità, in senso non solo universale ma anche comunitario e personale; e la sfida è quella di vivere oggi la ricerca della verità nella vita quotidiana della Chiesa, delle comunità cristiane. Questa ricerca non può che attuarsi attraverso un discernimento personale e comunitario a partire dalla Parola di Dio (cfr Evangelii gaudium, 30.50.175).
Questo impegno, attuato nel discernimento, fa crescere una comunità nella conoscenza sempre più intima di Gesù Cristo; e allora Lui, la verità, il Signore, diventa il fondamento della vita comunitaria, intessuta di legami d’amore. L’amore si esplicita in azioni di condivisione, dalla dimensione fisica a quella spirituale, azioni che danno visibilità al segreto che portiamo nei nostri “vasi di creta” (cfr 2Cor 4,7).
La Parola di Dio prende vita in particolare nella celebrazione eucaristica, sia nella “mensa della Parola”, sia nella “mensa dell’Eucaristia”, dove in qualche modo tocchiamo la carne di Cristo. San Pio V si è occupato di riformare la Liturgia della Chiesa, e dopo quattro secoli il Concilio Vaticano II ha attuato un’ulteriore riforma per meglio aderire alle esigenze del mondo di oggi. In questi anni si è molto parlato di Liturgia, soprattutto delle sue forme esteriori. Ma l’impegno maggiore va posto affinché la celebrazione eucaristica diventi effettivamente la fonte della vita della comunità (cfr Sacrosanctum Concilium, 10).
La Liturgia infatti, di fronte ai crocevia del cammino delle comunità, come pure alle croci delle nostre vite personali, ci inserisce nel sacerdozio di Cristo, dandoci una modalità nuova che San Paolo sintetizza così: «Sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24). Al termine della Liturgia, dopo aver toccato la Carne eucaristica di Cristo, la comunità evangelizzatrice viene inviata e «si mette mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo» (Evangelii gaudium, 24).
E poi non possiamo dimenticare l’impegno di San Pio V per raccomandare la preghiera, in particolare quella del Rosario. Infatti, «i primi passi della Chiesa nel mondo sono stati scanditi dalla preghiera. Gli scritti apostolici e la grande narrazione degli Atti degli Apostoli ci restituiscono l’immagine di una Chiesa in cammino, una Chiesa operosa, che però trova nelle riunioni di preghiera la base e l’impulso per l’azione missionaria» (Catechesi 25 novembre 2020).
In tal modo, cari amici di Alessandria, vi ho richiamato alle quattro coordinate che ci guidano nel cammino ecclesiale, secondo At 2,42: «Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere». Seguire l’insegnamento degli Apostoli, la dottrina della Chiesa; vivere in comunione, non in guerra fra noi; vivere eucaristicamente, spezzare il pane, e pregare: bello, vero? Si può fare.
Vi invito a camminare insieme nel rinnovamento pastorale della vostra Diocesi, che nei prossimi giorni inizierà la costituzione delle Unità Pastorali. Che «tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. No, non si può, si deve cambiare sempre. Ora non ci serve una semplice amministrazione. Costituiamoci in tutte le regioni della terra in uno stato permanente di missione» (Evangelii gaudium, 25). Questo cammino sinodale chiede una faticosa ma feconda crescita nella comunione fraterna, tra vescovo, presbiteri e laici. Il Signore benedica i vostri passi e li renda fecondi di frutti che incoraggino tutti i fedeli.
Ed ora mi rivolgo a voi, ragazzi e ragazze della Diocesi di Spoleto-Norcia. Voi siete il gruppo della Cresima: o l’avete già ricevuta, o la riceverete prossimamente. Sono molto contento che ci siate anche voi a questa udienza. Ci date un senso di famiglia più completa, perché rappresentate la nuova generazione; siete come tanti fiori che stanno sbocciando. Ma poi, e soprattutto, perché siete giovani discepoli di Gesù: questa è la realtà più grande, che ci riempie di gioia!
Il cammino del Sacramento della Confermazione, o Cresima, è bellissimo, perché fa rivivere l’esperienza dei primi discepoli di Gesù: Simone, Andrea, Giacomo, Giovanni, e poi Maria di Magdala, Marta e Maria di Betania, e gli altri. Anche voi potete aggiungere a questi nomi i vostri nomi, ciascuno il proprio, che avete ricevuto nel Battesimo.
E a questo proposito vorrei farvi una domanda, ad ognuno di voi. State attenti. Tu conosci la data del tuo Battesimo? Cosa rispondete? Sì o no? Quelli che la conoscono alzino la mano. Pochi. Pensaci. Conosci il giorno in cui sei stato o stata battezzato o battezzata? No. Ciascuno risponda dentro di sé… Nessuno di voi, tre o quattro o cinque la ricordava. E gli altri che non ricordavano questa data, quando tornate a casa, chiedetela ai vostri genitori, o ai nonni, o ai padrini: “Quando sono stato battezzato?”. D’accordo? Sembra che non siete d’accordo… D’accordo? [rispondono: “Sì!”] Ma siete vivi o morti, voi? D’accordo o non d’accordo? [applausi] Cosa dovete fare appena arrivati a casa? [rispondono: “Chiedere la data del nostro battesimo”] “In quale giorno sono stato battezzato?”. È importante! È importante specialmente per voi cresimati o cresimandi, perché la Cresima conferma il Battesimo. Per questo si chiama Confermazione. La vita cristiana è una casa che si costruisce sulle fondamenta del Battesimo. Sempre. A undici anni, a vent’anni, a quarant’anni, a ottant’anni. Il fondamento è sempre quello: il Battesimo. Per questo è importante ricordare il giorno in cui siamo stati battezzati, e anche festeggiarlo, nel cuore! D’accordo? Ma ricordate bene il giorno! E non dimenticarlo mai: è stato l’inizio della mia vita cristiana, della mia amicizia con Dio.
Ho detto prima che la vita cristiana è una casa da costruire. Voi venite da un territorio dove molti edifici sono stati rovinati o danneggiati dal terremoto. Sapete bene la differenza tra una casa solida, che resiste alle scosse, e una casa fragile, che crolla. Anche Gesù, come sapete, ha usato questa immagine. Quando voleva far capire che nel Regno di Dio si entra non con belle parole: “Signore, Signore!”, ma facendo la volontà di Dio, mettendola in pratica nella nostra vita (cfr Mt 7,24-27). Ha detto: “Chi entra così, costruisce la casa sulla roccia”.
Voi oggi mi avete portato una pietra dell’antica Abbazia di Sant’Eutizio, perché sia benedetta e posta come simbolo della sua ricostruzione. Ecco ragazzi e ragazze, oggi io benedico ognuno di voi perché diventi una pietra viva per costruire la comunità cristiana: pietra viva nella famiglia, pietra viva nella parrocchia, pietra viva nella compagnia degli amici, pietra viva nell’ambiente dello sport… e così via. Ma essere vivi, non morti. Vivi! Essere pietre vive: questo è possibile con la forza dello Spirito Santo, che nella Cresima vi conferma come battezzati, figli di Dio e membri della Chiesa. Dunque, vi lascio queste due parole: Battesimo – quando sono stato battezzato o battezzata – e pietra viva. Battesimo e pietra. Andate avanti con questo: per costruire la casa sulla roccia!
E questo lo dico a tutti, anche a voi della Diocesi di Alessandria. E tutti vi benedico di cuore. La Madonna vi accompagni sempre. E per, favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!