“Non sarà più il ‘cenerentolo’ dei Papi del Novecento”. Così Papa Francesco si è riferito a Giovanni Paolo I, che sarà proclamato beato il prossimo 4 settembre. La frase l’ha pronunciata in occasione dell’udienza concessa a Stefania Falasca, giornalista, vicepostulatrice della causa di beatificazione e vicepresidente della fondazione Giovanni Paolo I. Nel dicembre scorso, Falasca ha presentato al Pontefice l’enorme lavoro svolto sulla documentazione del prossimo beato. Lo ha spiegato in un incontro con giornalisti vaticanisti organizzato dall’Associazione Iscom. Un lavoro di enorme importanza e lontano dall’essere concluso. “Uno dei motivi per cui la causa di beatificazione di Albino Luciani è iniziata soltanto 25 anni dopo la sua morte – ha spiegato la giornalista – è che non c’erano enti, istituzioni, segretari che la portassero avanti. E anche per questo, nessuno per anni ha studiato la gran mole di documentazione esistente”. Invece, è proprio sulla base delle carte si può parlare di Luciani con cognizione di causa. E’ l’impegno della Fondazione che apre una nuova, sorprendente prospettiva sulla figura di Giovanni Paolo I.
34 giorni, non 33
Ripercorrendo la biografia di Luciani, Falasca ha sottolineato come fosse stato sempre considerato “uomo di governo e di studio: un leader”, tanto da ricoprire incarichi di grande responsabilità fin da giovane. Cresciuto a Canale d’Agordo, posto di confine, in un ambiente culturalmente e socialmente vivace, imparò dal suo maestro don Filippo Carli il “senso teologico” della semplicità. In altre parole, l’importanza di far comprendere concetti elevati agli interlocutori, con un linguaggio, appunto, semplice. Cosa che divenne una caratteristica prima della sua missione episcopale a Vittorio Veneto e a Venezia, poi nel breve ma decisivo pontificato. Che durò 34 giorni, non 33: Falasca ha tenuto a precisarlo “perché va conteggiato anche il giorno dell’elezione”.
Servi, non padroni, della verità
Ma al di là della curiosità statistica, quello che conta è che “il suo mandato episcopale coincide con l’applicazione del Concilio. A Vittorio Veneto, con la sua semplicità, illustra a tutti i temi del Vaticano II. A Venezia, chi dava interpretazioni fuorvianti del Concilio lo accusò di essere fascista”. Impensabile. Nell’udienza del 27 settembre 1978, l’ultima, per esempio, ribadì le parole di Paolo VI sulla proprietà privata che “non è un diritto incondizionato e assoluto”. In realtà, Luciani era radicato “in una salda e solida dottrina”. Affermava che “siamo servi, non padroni, della verità. Ha saputo sintetizzare sacro e profano, cose nuove e antiche, un modo di trasmettere la fede che lo rende unico, nella fedeltà alla dottrina”. Il problema, ancora una volta è che “le categorie politiche applicate alla Chiesa creano solo confusione”.
Un linguaggio semplice
“Luciani non abolisce il noi: semplicemente usa la prima persona perché vuole essere più vicino all’uomo. Rompe così i confini con i non credenti”. Un cambiamento di linguaggio rivoluzionario, come quello che adotta nel primo discorso ai cardinali. Che tuttavia lascia un segno profondo ed è “estremamente attuale. Luciani non è stato una meteora. Ha portato avanti la Chiesa nel solco di una tradizione antica”.
I presunti “misteri” sulla morte
La leggenda sulla scomparsa di Giovanni Paolo I “è la fake news più longeva del Novecento”. Stefania Falasca ha ripercorso tutte le tappe sui presunti misteri intorno alla morte di Luciani. Ha spiegato che gli equivoci sono stati alimentati da cattiva comunicazione (per esempio l’idea che a trovare il corpo furono le suore avrebbe potuto dare adito ad assurde illazioni; da maldestri tentativi di evitare problemi da parte dei segretari (uno dei due era uscito dopo che il Papa si era ritirato). Infine, dal segreto professionale dei medici che ne constatarono la morte.
“Quando Luciani fu eletto – ha spiegato Falasca – disse chiaramente alle suore che erano una famiglia e come tale dovevano vivere”. Questo comportò, ad esempio, che per servire a tavola fu assunto un maggiordomo. Le religiose non mangiavano però con il Papa, al contrario dei segretari. “La sera del 28 settembre, Luciani si affacciò come faceva spesso a salutare le suore nel loro appartamento. In precedenza aveva avuto una lunga telefonata (con il cardinale di Milano, Colombo, ndr) perché si convincesse don Angelo Viganò, anche se il primo nome a cui aveva pensato era quello di Bartolomeo Sorge, a diventare Patriarca di Venezia, cosa che il sacerdote non voleva accettare. Poi si ritirò nella sua stanza”.
“Santità, Lei non può permettersi certi scherzi”
Il seguito si basa sulla testimonianza di suor Margherita Marin, che era una delle quattro che vivevano nell’appartamento accanto a quello pontificio. Suor Vincenza Taffarel, descritta come una specie di sergente di ferro, aveva in pratica anche i compiti di infermiera. La mattina del 29 settembre aveva portato nell’anticamera del Papa il solito caffè. “Non vedendolo alzarsi, dopo un po’ tornò a bussare alla sua porta insieme a suor Margherita – racconta Falasca – Dopo aver bussato una terza volta, suor Vincenza entrò esclamando ‘Santità, Lei non si può permettere questi scherzi con me’. Trovò il Papa morto con gli occhi semichiusi e dei fogli in mano”. Il resto è noto.
L’embolo all’occhio
L’archiatra Buzzonetti spiegò in seguito nella sua deposizione che il Papa era stato colpito da “morte improvvisa”, cioè naturale. Probabilmente si è trattato di un infarto senza alcun segnale premonitore, se non un episodio specifico: “Nel 1975, dopo essere tornato da un viaggio in Brasile – ha spiegato Falasca – ebbe un embolo a un occhio. Questo è considerato sintomo di problemi cardiovascolari ma all’epoca non c’erano gli strumenti diagnostici attuali. Abbiamo ripercorso tutta la storia clinica di Luciani. Non c’era motivo di fare un’autopsia (tra l’altro permessa solo con una legge del 1983 di Giovanni Paolo II) perché era evidente che si era trattato di morte naturale. E che il Papa non aveva sofferto”.
La beatificazione
Per il 4 settembre non sono previste manifestazioni eccezionali. “Stiamo preparando una reliquia e uno stendardo particolari” ha anticipato Falasca. Il 3 è in programma una veglia a S. Giovanni in Laterano. La Messa di ringraziamento si terrà nel paese natale di Luciani, Canale d’Agordo, l’11 settembre. La celebrerà il Patriarca di Venezia, mons. Moraglia. Con lui, i vescovi di Belluno e Vittorio Veneto: le tre diocesi in cui si è svolto il ministero di Luciani. Beato grazie al riconoscimento del miracolo per la completa guarigione di una ragazza argentina, ridotta in fin di vita da una encefalite refrattaria.