Non c’è solo l’aspetto archeologico. Quello delle catacombe di Commodilla sarà infatti un restauro all’insegna del dialogo interreligioso. “Siamo al decimo anno di collaborazione culturale e il prossimo celebreremo i 30 anni delle relazioni tra la Santa Sede e l’Azerbaijan. Anche da questo si comprende l’importanza della visita del nostro comitato in Vaticano”. L’ambasciatore azero presso la S. Sede, Rahman Mustafayev, non nasconde la sua soddisfazione per il rinnovo dell’accordo con il Vaticano attraverso la Heydar Aliyev Fundation.
Un’intesa che nel corso del tempo ha permesso interventi di restauro di importanti monumenti, come quelli nelle catacombe di Marcellino e Pietro o di S. Sebastiano fino alla pala marmorea dell’altare di S. Leone Magno nella basilica di S. Pietro. Il nuovo progetto riguarda le catacombe situate nel quartiere Ostiense, in via delle Sette Chiese.
La firma del rinnovo dell’accordo è stata effettuata presso il Pontificio Consiglio della Cultura il 4 marzo 2021. Il giorno prima la delegazione azera, guidata da Anar Alakbarov, direttore della Fondazione Heydar Aliyev (presieduta da Mehriban Aliyeva, moglie del Presidente azero), e dal capo dipartimento delle relazioni internazionali della Fondazione, Soltan Mammadov, aveva visitato le catacombe insieme al cardinale Gianfranco Ravasi, presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, e al presidente del Municipio Roma VIII Amedeo Ciaccheri.
Il progetto conservativo si pone come obiettivo la valorizzazione delle catacombe di Commodilla in vista di una loro apertura al pubblico, con particolare attenzione a due poli: la “Regione di Leone” e la cosiddetta “Basilichetta” dedicata ai martiri Felice e Adautto.
“Ci sono diversi aspetti da sottolineare in questo programma – spiega l’ambasciatore Mustafayev – Oltre alla manutenzione di monumenti che hanno una valenza religiosa e culturale, c’è il rafforzamento del dialogo tra un paese a maggioranza musulmana e uno cattolico. C’è poi l’aspetto sociale ed economico, come ha ricordato il presidente del Municipio l’apertura delle catacombe sarà importante per la riqualificazione e lo sviluppo del quartiere. Infine, come ha affermato il cardinale Ravasi, un aspetto per me significativo è che più approfondiamo le nostre storie, più emergono novità archeologiche. Per esempio abbiamo saputo che nelle catacombe di Commodilla c’è una delle prime rappresentazioni di Cristo con la barba. È un contributo che consente di sviluppare la collaborazione bilaterale ma ha un significato di portata mondiale”.
Perché uno degli aspetti più importanti è quello del dialogo interreligioso. L’ambasciatore ci tiene particolarmente: “Un paese musulmano svolge dei lavori in un paese cristiano e questi progetti promuovono la cristianità in tutto il mondo”. Per sottolinearlo, era emblematica la composizione della delegazione giunta dall’Azerbaijan. Ne hanno fatto parte, infatti, Haji Sabir Hasanli, deputato dei musulmani del Caucaso, rettore dell’Università islamica di Baku e presidente della moschea Heydar; Milikh Yevdayev, capo della Comunità ebrea delle montagne; l’arciprete Mefodij Afandieyev, rettore della chiesa ortodossa di San Michele di Baku; e il vescovo cattolico Vladimir Fekete, salesiano. L’obiettivo era anche quello di far conoscere di persona a esponenti di altre religioni l’importanza e la bellezza del patrimonio religioso di Roma.
Nell’incontro seguito alla firma dell’accordo, tutti hanno sottolineato il clima di tolleranza e di pacifica convivenza esistente in Azerbaijan che favorisce la collaborazione e il dialogo interreligioso. Tutte le religioni, durante il regime sovietico, hanno subito pesanti persecuzioni. La Chiesa cattolica addirittura era sparita, solo dal 2000 c’è una presenza stabile. Poi ci sono stati i viaggi di San Giovanni Paolo II nel 2002 e di Francesco nel 2016. “Entrambi sono stati testimoni di questo clima tra le varie religioni” ha ricordato Hasanli.
In un Paese che ha il 96% di musulmani, durante il dominio comunista c’erano 17 moschee. Ora sono circa 2400. E il ruolo del governo è determinante. L’intenzione, secondo Hasanli, è quella di ricostruirle anche nel Nagorno Karabakh insieme alle chiese distrutte durante la guerra.
Quello del contributo, anche finanziario, alle comunità religiose è uno degli aspetti più interessanti di questo paese caucasico. Come ha ricordato Yevdayev, due sinagoghe sono state costruite con fondi statali. Lo stesso è accaduto per i centri di culto ortodossi e cattolici. Tutte le religioni, inoltre, ricevono un budget annuale direttamente dai fondi presidenziali.
“Ho sentito dal Presidente le motivazioni di questo atteggiamento – spiega mons. Fekete – Lo Stato è secolare, mi disse, ma capisco molto bene l’importanza dei valori religiosi e voglio sostenerli perché per il futuro del mio paese è necessario mantenere i valori tradizionali e religiosi”. Una visione decisamente più moderna e lungimirante della laicità di quella presente in tanti Stati occidentali. “Posso confermare la testimonianza dei miei fratelli – ha aggiunto il vescovo – C’è la capacità di far vivere insieme nazionalità e religioni diverse in armonia con i sentimenti del popolo”.
Il vescovo salesiano è di origine slovacca ma da 12 anni vive in Azerbaijan. E ci tiene a ricordare le radici cristiane del paese, fin dai tempi apostolici: “Bartolomeo rientrando dall’India sarebbe stato martirizzato nella località che viene identificata con Baku, nel luogo in cui sorge una chiesa ortodossa. Noi cattolici anche se siamo pochi, soprattutto piccole comunità di lavoratori stranieri, non siamo trattati come una setta ma come una Chiesa che può compiere il suo servizio per il bene del popolo azero. Come salesiani poi portiamo avanti molti progetti educativi e sociali”. L’attuale cattedrale fu consacrata dal cardinale Bertone, allora segretario di Stato vaticano, nel 2007.
“Questo clima di multiconfessionalità e amicizia viene da lontano – conclude Afandieyev – dal fatto di aver vissuto fianco a fianco momenti belli e brutti. La logica continuazione è il modello culturale dell’Azerbaijan. La relazione che c’è tra noi dimostra che religione non divide ma unisce le persone. E ha due vantaggi. Il primo è che nella costituzione c’è libertà di culto e noi la utilizziamo. Il secondo aspetto importante è che l’intenzione di vivere in pace e prosperità non è calata dall’alto ma è venuta dal popolo”.
Una testimonianza oggettiva di amicizia e reciproca fiducia che lascia ben sperare per il futuro. Non a caso l’ambasciatore ha proposto alla Santa Sede di avviare ulteriori iniziative di carattere culturale e sociale anche in Azerbaijan all’insegna del dialogo interreligioso.