Domenica scorsa, al termine dell’Angelus nella Festa della Santa Famiglia di Nazareth, Papa Francesco ha lanciato un duro monito: “Parlando della famiglia mi viene una preoccupazione vera, almeno qui in Italia: l’inverno demografico, sembra che tanti hanno perso l’illusione di andare avanti con figli, tante coppie preferiscono rimanere senza o con uno figlio soltanto. È una tragedia”, ha detto il Pontefice. “Facciamo tutto il possibile per riprendere una coscienza, per vincere questo inverno demografico che – ha sottolineato Francesco – va contro le nostre famiglie, la nostra patria e il nostro futuro”
Più paura che speranza
Ebbene, le parole del Pontefice, sono “assolutamente da sottoscrivere”, commenta all’AgenSir padre Marco Vianelli, direttore dell’ufficio Cei per la Pastorale della famiglia. “Il Papa – prosegue -, anche avendo partecipato agli Stati generali della natalità, ha molto a cuore questo tema e spesso ha parlato di questo problema”. Per il sacerdote italiano è “un problema che racconta la società: c’è una dimensione oggettiva che è la mancanza di figli che parla di una nazione che sembra avere più paura che speranza”. Padre Vianelli rileva che “il numero di figli in meno che abbiamo avuto quest’anno è più basso del numero di figli che sono nati nel 1918, con un’Italia che aveva una popolazione decimata a causa della guerra e viveva in una condizione costate di paura per il futuro sociale ed economico del Paese. Tuttavia, quell’Italia lì è riuscita a scommettere di più sul futuro rispetto a quella attuale”.
Una trasformazione in atto
Questo è, prosegue il direttore dell’ufficio Cei, “sintomo di un tempo di relazioni spaventate. In questo senso, Il Papa fa bene a porre l’accento su questo aspetto, senza accusare nessuno, perché lui consegna le sue preoccupazioni senza additare qualcuno come cattivo, ma semplicemente evidenziando che ci stiamo raccontando un’Italia diversa da come la conosciamo: intraprendente, capace di sognare lo sviluppo economico che passa attraverso la creatività e le piccole imprese. Ma – aggiunge – se non ci sono figli manca la capacità di sognare, e questa assenza di figli è sintomo di una trasformazione in atto. Si deve lavorare non solo sul fare figli, ma sui motivi per cui farli, come la stabilità dei legami, la sicurezza lavorativa, con particolare attenzione alle donne”. Per il direttore, infatti, è inconcepibile che oggi una donna si debba trovare ancora a scegliere tra essere madre o “fare carriera”. “Così perdiamo tutti – ha concluso – perché in ogni caso dovremmo rinunciare a una professionista e una forza lavoro valida o a una mamma”.