“Il Libano è sull’orlo della guerra civile”

Esclusivo: alla vigilia dell’incontro in Vaticano parla padre Abdo Raad che da 30 anni fa la spola con l’Italia “C’è troppa corruzione”

Libano
L'incontro interreligioso promosso da Annas Linnas. Padre Abdo Raad è il secondo da destra nella prima fila

In vista dell’incontro organizzato da Papa Francesco “Insieme per il Libano”, Exaudi ha intervistato padre Abdo Raad, nato nel 1965 a Kfar Nabrakh, villaggio a oltre 1000 metri di altitudine a 45 km da Beirut. Sacerdote dal 1988, basiliano del Santissimo Salvatore, istituto della Chiesa greco-melchita, cattolica di rito bizantino e fondatore di Annas Linnas, da trent’anni fa la spola tra Italia e Libano e dal novembre scorso è parroco di Monacilioni, in Molise.

Il S. Padre ha convocato per il prossimo 1° luglio i responsabili delle comunità cristiane libanesi per parlare delle difficili condizioni del Paese. Qual è la situazione dal punto di vista politico?

Speriamo innanzitutto che l’incontro dei responsabili della Chiesa in Libano con il Santo Padre segni un’epoca nuova per il paese dei Cedri, molto martoriato in questo momento. Accompagniamo questo incontro con la preghiera e con la meditazione.

In poche parole, la situazione politica in Libano si aggrava sempre di più. Il presidente libanese Michel Aoun e il primo ministro designato Saad Hariri non raggiugono nessun accordo per formare il governo. Non si vede nessuna via di uscita, forse a causa delle mancanze nella costituzione rinnovata a Taiif nel 1990, ma anche a causa della cattiva gestione di politici corrotti. Infatti, sono gli stessi corrotti che hanno ucciso la gente durante la guerra che continuano a rubare durante la pace, da trenta anni.

I politici non si mettono d’accordo su nessun piano. Si scambiano accuse e nessuno si dimette. Il rapporto tra i capi (primo ministro, primo deputato, presidente, capi dei partiti) rende impossibile la formazione di un governo nel prossimo futuro. Dopo avere distrutto l’economia continuano a lottare per i loro interessi. Hanno perso il senso della responsabilità verso il popolo.

La situazione politica è così brutta che ci mette davanti al rischio di una nuova guerra civile, quasi tutti gli elementi sono già presenti. Una guerra che non scoppia ancora, secondo me, solo grazie alla misericordia divina.

La crisi economica sta avendo conseguenze pesantissime: svalutazione, la tremenda esplosione nel porto di Beirut dello scorso agosto, la pandemia. Come si sta vivendo tutto questo?

La crisi economica legata a quella politica è la peggiore dall’inizio della fondazione del paese, cioè da 100 anni. Così dicono i libanesi che vedo qui in Libano, e così vedo dai fatti e dalla realtà vissuta. C’è grave mancanza di medicine, di benzina, di latte per bambini, d’elettricità, d’internet… Ogni giorno vediamo la gente morire aspettando il loro turno per aver un po’ di benzina. Letteralmente: oggi, mentre aspettava con le 4 figlie, per mettere qualche litro di benzina per andare in aeroporto ad accogliere suo marito, una signora ha perso la vita con le figlie a causa di un incidente alla stazione di benzina. Mai la gente ha conosciuto tale povertà, vulnerabilità, emarginazione e disperazione.

Siamo un paese in declino, purtroppo. La lira libanese ha perso più del 90 per cento del suo valore, i salari non sono aumentati, anzi sono diminuiti e tante imprese chiudono le porte. Le banche non consegnano nessun dollaro ai clienti e poco contante in lira libanese. Ciò aggrava la povertà della gente. Gli alimenti, i generi di prima necessità, costano ora da cinque a dieci volte di più rispetto al 2019.

L’esplosione del porto, che è colpa della negligenza dei responsabili, non è la sola causa del degrado economico. Il problema, continuo a dire, è la cattiva governance della classe politica e la corruzione generalizzata. È un autentico crimine contro la popolazione libanese. Non riesco a capire come sia possibile che i capi politici e economici abbiano miliardi di dollari e la maggioranza del popolo rischia la fame.

La pandemia che ha già fatto più di 10.000 morti sembra meno feroce della classe politica e sembra “dimettersi” in questi mesi caldi. Speriamo che finisca presto in tutto il mondo.

Mi sono chiesto sempre come fa a vivere la povera gente… ho scoperto che tante persone mangiano solo pane, cipolla e patate. Tanti muoiono in silenzio a causa della mancanza dei generi di prima necessità, altri si suicidano e nessuno ne parla. Si sopravvive. Se non si arriva a una soluzione molto presto, tanti entreranno in grave crisi perché i soldi che hanno risparmiato non valgono più nulla. Tantissimi non hanno pensione né altre fonti di reddito.

Il solo aiuto oggi sono i pochi soldi che mandano i libanesi dall’estero e gli aiuti umanitari forniti dalle organizzazioni.

Il Libano deve fare i conti con il grande impatto dei profughi, prima quelli palestinesi e, ormai da dieci anni, quelli della guerra in Siria. Come si affronta questo dramma? Cosa si sta facendo per aiutare i rifugiati?

Direi che quello che era un paese di accoglienza sta diventando un paese di emigrazione. I libanesi vogliono emigrare. La grande maggioranza dei rifugiati vivono nella stessa miseria. La loro situazione è devastante. Alcuni, quelli registrati sulle liste delle Nazioni Unite, ricevono un po’ di dollari con cui si mantengono con i loro figli. Il problema futuro nascosto è quello demografico. Non si sa niente o poco sulle nascite dei rifugiati siriani. L’integrazione non sembra aver un buon esito. Il rapporto tra comunità accogliente e rifugiati conosce tanti conflitti a causa della mancanza del lavoro per tutti, delle infrastrutture e delle condizioni minime per una vita dignitosa.

Tante famiglie che aiutiamo non possono ritornare in Siria a causa della distruzione delle loro case. Altri per paura di essere perseguitati… i loro bambini non vanno a scuola, soprattutto a causa del Covid 19, e non hanno i mezzi per seguire i corsi online.

Sul piano religioso il Libano era visto come un modello di convivenza. Lei nel 2010 ha fondato l’associazione Annas Linnas (che in arabo significa “gli uni per gli altri”) riunendo esponenti di diverse religioni. È un esempio di questo impegno comune. Cosa fate in concreto? E in generale come sono oggi i rapporti tra le varie fedi?

Purtroppo, il Libano non è più questo modello di convivenza. Più o meno è diviso tra le religioni a livello geografico e mentale. Un cristiano non può vivere la cultura di Hizb Alla, per esempio, e si trova estraneo nelle loro zone. Si può dire lo stesso di Tripoli. Le comunità si chiudono su loro stesse in un confessionalismo incompatibile con il “vivere insieme” perché vedono in questa chiusura uno sfogo e una garanzia, nel momento della scomparsa di uno Stato che deve garantire la giustizia a tutti. I politici hanno approfittato di questo e hanno aggravato lo “scisma” per proteggere i loro interessi personali. Il popolo non è arrivato ancora alla maturazione dell’idea della società civile in cui si dà a Dio ciò che è di Dio e a Cesare ciò che è di Cesare. Sono pochi che si sono liberati dal ghetto religioso per essere aperti ed equilibrati.

La fondazione di Annas Linnas fu una risposta culturale contro il settarismo e il confessionalismo. I suoi membri sono di tutte le confessioni che si accettano a vicenda nel pieno rispetto della fede e della libertà. Non è una missione facile. Andiamo avanti comunque… per essere una testimonianza, tra tante altre, che si può vivere insieme e si può crescere meglio nella diversità voluta da Dio in tutto l’universo.

La pulizia della spiaggia organizzata da Annas Linnas

Oltre agli aiuti continui, anche se piccoli, vi racconto per esempio che cosa abbiamo fatto durante il mio ultimo soggiorno in Libano: un incontro con la comunità religiosa delle sorelle e fratelli della Croce. La pulizia della spiaggia, con volontari da tutte le confessioni, per lanciare un messaggio di rispetto della natura che ci accoglie tutti e con la quale dobbiamo essere alleati, ispirati dall’enciclica di Papa Francesco Laudato Si’. E ancora un incontro interreligioso a Chehim, tra rappresentanti di tutte le religioni per discutere cosa possiamo fare per i bambini a livello di educazione al vivere insieme, e in cui abbiamo deciso di mandare una lettera al Papa in occasione dell’incontro con i capi religiosi cristiani.


A Zahle abbiamo promosso un incontro con diversi leader laici per discutere l’influsso dei principi religiosi sulla vita dei bambini. Abbiamo organizzato una scuola d’estate per i bambini rifugiati, soprattutto per quelli che non avevano la possibilità di seguire i corsi online. Promuoviamo diverse attività per i bambini con la distribuzione di piccoli aiuti alimentari, scolastici ed altro, come il pagamento degli inseganti per i bambini rifugiati alla scuola di Naameh, una gita in piscina per i bambini palestinesi rifugiati, incontri online e giornate culturali per i bambini libanesi.

Il nostro progetto più grande, quello della costruzione del centro culturale nel giardino educativo è un po’ fermo a causa dell’inflazione che ha quasi azzerato i risparmi destinati al progetto! Il centro comunque può ora ospitare gli amici…

Cosa vi aspettate dall’incontro in Vaticano?

Il Papa ha sempre dedicato momenti di preghiera e di sostegno al Libano e l’ha indicato come meta di un suo prossimo viaggio. È stato sempre una luce nel buio.

Dall’incontro comunque è meglio non aspettarsi troppo. Non è il primo incontro e non sarà l’ultimo. O meglio, ci aspettiamo un miracolo. Non è pessimismo ma realismo. Il cambiamento in Libano ha bisogno di un miracolo internazionale.

Aspettiamo almeno una condanna chiara della corruzione e un atteggiamento chiaro contro i dirigenti che hanno distrutto il paese, volenti o nolenti, per costringerli a rendere i soldi rubati e consegnare il governo nelle mani di persone giuste e neutrali. Un sogno! Sogniamo, però, non è male.

Ci aspettiamo che i capi cristiani tornino con idee chiare e un progetto che possa unire i cristiani sulle scelte politiche. Un progetto da cui partire per trovare la via di un progetto che unisca tutti i libanesi.

Cosa può fare la comunità internazionale per risollevare il Libano?

Le potenze regionali e internazionali per poter risollevare il Libano devono ritirare i loro interessi da questo paese e renderlo un paese neutrale e amico di tutti. Il conflitto libanese è anche il risultato dei conflitti tra le forze internazionali: Iran, Stati Uniti, Siria, Israele… e così via.

Bisogna risolvere il conflitto Israele – Palestina e arrivare a una soluzione finale di due stati. Bisogna trovare urgentemente il modo di far rientrare i rifugiati siriani in patria e tutelare la loro vita nella loro terra.

La prima cosa che auspichiamo è che la comunità internazionale usi tutta la pressione possibile per fare rendere i soldi e i beni che i dirigenti corrotti hanno rubato trasferendoli nei loro conti fuori del Libano.

Chiediamo una assistenza politica internazionale per formare un governo “apolitico” transitorio per liberare la popolazione dalla paura dalle milizie armate su tutto il territorio guidate dai signori della guerra e permettere elezioni libere.

Per finire: l’Italia da anni è presente con la missione Onu in Libano. Quale può essere il ruolo del nostro Paese, sul piano politico e della solidarietà?

L’Italia è stata da sempre un paese amico. La missione di pace nel sud del Libano è la più accettata da tutti. È una missione con un volto umano molto bello. Mi ricordo la generosità e la bella accoglienza da parte dell’esercito italiano per i nostri bambini che andavano a Chamee per un momento di cultura e di svago. Uno dei soldati, dopo avere giocato e mangiato con i bambini con tanta pazienza mi disse: “Da sei mesi che non vedo i miei bambini. Considero ora che i vostri sono i miei e li tratto così”.

A livello politico mi sembra che l’Italia giochi un ruolo poco importante. Potrebbe essere più presente per rendere più equilibrata la politica internazionale verso il Libano.

A livello umanitario e di solidarietà, noi come come Annas Linnas, e altre organizzazioni abbiamo bisogno di un sostegno particolare in questo momento. Qualsiasi aiuto è utile. Abbiamo bisogno del sostegno delle forze armate per trasportare materiale in Libano. La loro missione umanitaria deve ora oltrepassare le frontiere della loro presenza per arrivare a tutto il Libano.

Credo anche che abbiamo bisogno di una luce divina che ci perviene dalla preghiera e dai pensieri di amicizia dall’Italia.

Infine, ringrazio infinitamente voi, e tutti gli amici italiani che sono stati sempre presenti al nostro fianco soprattutto nei momenti difficili. Dio benedica tutti noi e ci salvi.