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Mario J. Paredes

Voci

09 Aprile, 2025

5 min

Risposte ragionevoli sulla nostra fede

Tra scandalo e speranza: seguire Cristo oltre le ideologie

Risposte ragionevoli sulla nostra fede

Negli ultimi giorni, siamo venuti a conoscenza tramite diversi organi di stampa di uno scontro tra il direttore esecutivo dell’ACADEMY OF CATHOLIC LEADERS e un membro del suo consiglio internazionale, che si accusano a vicenda di questioni relative alla “National Anvil Organization”.

Questa, a sua volta, secondo vari siti internet, è accusata di essere un’organizzazione segreta, paramilitare, ultracattolica, di estrema destra, di origine messicana. Questo scontro ha portato a una crisi che ha danneggiato l’immagine dell’Accademia.

Non intendo unirmi al coro di morbosità, sensazionalismo, opportunismo, crudeltà e malizia che tendono a dilagare, soprattutto quando si tratta di cattive notizie che intaccano la reputazione di membri o istituzioni cattoliche.

Come vicepresidente ad interim della suddetta Accademia, preferisco condividere qui alcune riflessioni sulla “ideologizzazione”, caratteristica del nostro tempo e della nostra cultura, sull’identità cristiana e l’appartenenza alla Chiesa cattolica, sul magnifico lavoro svolto dall’Accademia per due decenni e in più di venti Paesi, e sulla necessità di istituzioni simili nella Chiesa e nella società.

Il nostro momento storico e culturale presenta, tra le altre caratteristiche specifiche di questa congiuntura verso la postmodernità, anche la “ideologizzazione”. Comprendendo questo, oltre al desiderio di promuovere, instillare e manipolare, attraverso una certa visione selettiva o parziale del mondo, un altro desiderio insolito: quello di etichettare, classificare e incasellare gli esseri umani in base all’appartenenza a questa o quella ideologia, credo, ideale o dottrina.

È un desiderio che si manifesta soprattutto nell’ambito della politica, ma che si estende a tutti gli ambiti e a tutte le dimensioni della vita sociale, compresa – purtroppo – quella religiosa.

Così, ad esempio, i media si sforzano talvolta di catalogare Papa Francesco come un uomo di sinistra e, in altri casi e circostanze, come un pastore di destra. Questo tipo di catalogazione paralizza, stigmatizza, isola, accusa e impedisce il progresso e l’avanzamento di individui e istituzioni.

In ambito politico, la preferenza e la scelta sono – facilmente e comodamente – quelle di discutere di più dell’ideologia degli attori politici e meno, e cinicamente, del bene comune, dei bisogni reali e concreti delle comunità, come strade, scuole, acquedotti, ecc.

Per i cattolici dovrebbe bastare “l’etichetta” di essere “discepoli di Cristo”, chiamati a vivere la sua stessa vita, come figli di Dio e fratelli tra tutti; di adottare la stessa logica, la logica di Dio, che non è quella del mondo, e di compiere la stessa missione: costruire il regno di Dio, qui e ora, attraverso il comandamento dell’amore, manifestato nelle opere, soprattutto a beneficio dei nostri fratelli e sorelle che hanno più bisogno di spazi di vita abbondante, in mezzo a una cultura di morte.

E questa vita “cristiana”, cioè una vita di autentica sequela degli insegnamenti e del progetto di Gesù di Nazareth, della sua Buona Novella, è l’unica appartenenza, e nessun’altra, con cui professiamo la nostra appartenenza alla Chiesa cattolica.

L’identità dell’essere cristiano è quindi definita dal grado di autenticità o radicalità con cui viviamo il discepolato, cioè la sequela di Gesù di Nazareth e della logica del Vangelo.

Pertanto, il confine che definisce l’appartenenza o la non appartenenza alla Chiesa cattolica non è geografico o di parte, ma passa attraverso il cuore di ogni essere umano che sceglie di vivere la stessa vita di Cristo, fino al punto di gridare come Paolo: «Non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20), con tutti i rischi, le conseguenze, le persecuzioni e le croci che questo comporta.

Qui dobbiamo chiederci se l’emergere e la proliferazione di movimenti e organizzazioni ecclesiali, di vario genere, siano dovuti alla moltiplicazione organizzata di doni, carismi e ministeri per la costruzione del regno di Dio nel mondo, o se, al contrario, siano dovuti a programmi e scopi settari ed egoistici per manipolare, difendere interessi personali o di gruppo e imporre ideologie, spesso contrarie al Vangelo, all’interno della Chiesa.

Mai prima di questo scandalo ero a conoscenza dell’esistenza di un’organizzazione del genere: “El Yunque”. Tuttavia, grazie ai miei anni di lavoro e alla mia appartenenza al corpo docente e dirigenziale dell’Accademia, posso qui attestare l’eccellente lavoro svolto da questa istituzione nel corso di così tanti anni e in così tanti Paesi.

Questo lavoro è consistito nel riunire e formare leader provenienti da diversi ambiti del lavoro sociale sui contenuti principali della fede cattolica, e nel riunire e illuminare altri campi del sapere e delle discipline umanistiche con la riflessione teologica.

L’Accademia ha così riempito uno spazio molto importante nell’opera evangelizzatrice della Chiesa. Spazio e missione che consistono nella necessità di formazione religiosa tra tutti i credenti, ma soprattutto tra i responsabili della nostra società, affinché «siamo sempre pronti e disposti a rendere ragione della speranza che è in noi» (1 Pt 3,15).

Questo dialogo tra la Chiesa e la società civile, questo scambio di idee e di visioni, questo rispetto per la diversità delle conoscenze e degli sforzi umani e sociali, è stato portato avanti dall’Accademia con abbondante misticismo e con fede e speranza nella costruzione di un mondo migliore.

Benché sia ​​difficile comprendere, per la natura paradossale dello scontro tra i due direttori, che ha portato e prodotto questa crisi a immagine di questa formidabile istituzione, la stessa di cui sono membri e che presiedono, nel consiglio direttivo dell’Accademia, da sempre composto da uomini e donne di spicco della Chiesa e della società civile, ci rammarichiamo per quanto accaduto. Non ignoriamo il danno causato, ma difendiamo e riaffermiamo il grande valore e l’opera che questa istituzione ha per la Chiesa e la società, e la necessità che enti con obiettivi e finalità simili a quelli di questa Accademia sostengano l’opera di evangelizzazione della Chiesa cattolica nel mondo.

Un compito che è un mandato di Gesù stesso per tutti noi che siamo e formiamo la Chiesa: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo» (Mc 16,15). Che Dio apra nuove vie in mezzo agli ostacoli del mondo, così che, una volta risolta e superata questa sfortunata questione e questo momento, la grande eredità, la visione e la missione dell’Accademia possano durare.

Mario J. Paredes

Presidente ejecutivo de SOMOS Community Care, una red de 2,600 médicos independientes -en su mayoría de atención primaria- que atienden a cerca de un millón de los pacientes más vulnerables del Medicaid de la Ciudad de Nueva York