08 Aprile, 2025

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“Il sacerdote trova la sua ragion d’essere nell’Eucaristia”

L'Eucaristia è il centro di tutti i sacerdoti e del sacerdozio di padre Jeus Jardin, sacerdote filippino, che ha abbandonato la carriera infermieristica per seguire la sua vocazione e la chiamata di Dio

“Il sacerdote trova la sua ragion d’essere nell’Eucaristia”

Jeus Jardin ha trovato la sua vocazione nell’Eucaristia, abbandonando la sua carriera di infermiere per seguire l’invito di Dio a diventare sacerdote.

Proveniente da una famiglia non praticante, questo sacerdote filippino, dopo aver resistito per un po’ alla chiamata di Dio, condivide la sua testimonianza di come alla fine si è arreso alla voce che lo esortava a consacrarsi solo a Lui.

Dio scrive dritto anche sulle linee storte e crea vere e proprie opere d’arte. È il caso di padre Jeus Jardin, sacerdote filippino dell’arcidiocesi di Davao, che ha conosciuto l’amore di Dio durante l’infanzia e l’adolescenza, nonostante provenisse da una famiglia non praticante, grazie all’importante ruolo della nonna.

Quando ormai aveva compiuto il grande passo di diventare sacerdote, e nonostante l’opposizione dei genitori, ben presto avrebbe dovuto abbandonare il seminario. Ha conseguito la laurea in Infermieristica e ha lavorato come professore universitario. Ma quelle lettere che Dio aveva infuso nel suo cuore non finirono per essere cancellate, finché, alla fine, dovette arrendersi all’evidenza circa la strada da seguire.

Aveva una bella vita e aveva perfino ottenuto il permesso di esercitare la professione infermieristica negli Stati Uniti, ma sapeva di essere chiamato a una missione molto più alta. Così, con umiltà e otto anni dopo, chiese di rientrare in seminario per essere finalmente ordinato sacerdote nel 2017. E vide che tutto era fatto bene.

Una chiamata al cuore

“Dio ha sempre un modo per far conoscere la Sua volontà attraverso i desideri del cuore di ogni persona, e la stessa cosa è successa con me, perché sentivo che il Signore mi stava ancora chiamando al sacerdozio”, spiega in questa intervista.

Don Jeus confessa che il suo cuore gli diceva che, se voleva essere felice, doveva tornare alle sue origini, in questo caso al seminario. In realtà la sua vita andava bene, ma né il denaro né la paura di perdere tutto ciò che aveva realizzato professionalmente riuscirono a vincere la chiamata di Dio. “Ho visto che la felicità non veniva da lì, e il mio cuore lo sentiva”, aggiunge.

Al suo ritorno in seminario, il suo vescovo decise di mandarlo a studiare presso il Seminario Internazionale di Bidasoa e l’Università di Navarra, grazie a una borsa di studio della Fondazione CARF, cosa che gli permise di rafforzare e confermare notevolmente la sua vocazione sacerdotale.

Imparare a essere prete

“Sono stato a Pamplona sette anni, cinque come seminarista a Bidasoa e due come sacerdote. Pamplona è la mia seconda casa. “Come seminarista, ho avuto dei formatori che erano dei veri uomini di Dio, che mi hanno insegnato non solo con le loro parole, ma anche con la loro vita, cosa significa essere un sacerdote”, sottolinea con convinzione Jeus Jardin.

Gli anni trascorsi a Pamplona non solo gli hanno dato una solida formazione intellettuale, ma, citando specificamente Bidasoa, l’Università di Navarra e, nel suo secondo periodo in Spagna, la residenza Cristo Rey in via Padre Barace a Pamplona, ​​afferma che è stato in questi luoghi “dove mi hanno insegnato a essere un sacerdote, un amico e una persona, e per questo posso dire che mi hanno insegnato molto”.

Ora, Jeus Jardin stesso trasmette questo stesso spirito nel seminario della sua arcidiocesi, dove mostra ai giovani le grandi sfide che i sacerdoti devono affrontare oggi. Secondo lui, questi sono i migliori consigli per affrontarli: “cercare di comprendere i propri limiti e non superarli; dare valore ai momenti di preghiera e di direzione spirituale; imparare a riposare con la Madre e il Signore”. Inoltre, sottolinea l’importanza della Santa Messa: “il sacerdote trova nell’Eucaristia la sua ragion d’essere fondamentale; è la ragion del suo sacerdozio”.

Non temere il silenzio

Di fronte alla crisi di vocazioni che sembra devastare la Chiesa in questo momento, padre Jeus resta fiducioso e afferma che “il Signore chiama sempre, anche se per sentire la sua voce è necessario saper ascoltare e non temere il silenzio, perché il Signore chiama, ma la sua voce è sottile”.

Ai giovani che hanno già sentito questa chiamata, egli invita a non aver paura di rispondere. “Nella mia esperienza, ho visto che avevo molta paura di lasciare le cose che avevo: di guadagnare meno soldi, di non poter avere una casa o una macchina. Ma il Signore è un buon pagatore. Non siamo chiamati solo ad avere beni materiali. Siamo chiamati a una vita trascendente, a una vita in comunione con Dio. È lì che risiede la nostra felicità”, aggiunge.

Come momento più memorabile della sua vita sacerdotale, egli ricorda quello in cui poté sperimentare la Provvidenza in modo molto chiaro e in cui dovette mettere in pratica tutto ciò che aveva imparato in precedenza. “Nel seminario in cui attualmente svolgo il ruolo di tesoriere, stiamo affrontando un’epidemia di COVID con circa 75 persone infette, tra seminaristi e sacerdoti.

Il mio test era negativo, ma data la mia posizione, ho deciso di stare con tutti coloro che erano malati. Siamo riusciti a coesistere e a sopravvivere, e a sperimentare veramente la provvidenza di Dio. “I giorni di quarantena con i seminaristi e i sacerdoti sono diventati per me giorni indimenticabili”, ricorda.

Infine, questo sacerdote delle Filippine vorrebbe esprimere la sua gratitudine ai benefattori della Fondazione CARF che hanno fatto tanto bene a lui, prima come seminarista e poi come sacerdote: “Grazie mille a tutti. Il vostro sostegno rende possibile ai seminaristi e ai sacerdoti come me di ricevere la formazione necessaria per il compito di essere un pastore. Che Dio ve ne ricompensi.

Fundación CARF

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