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Rodrigo Guerra

Voci

18 Marzo, 2025

3 min

La morte di così tanti giovani non deve essere vana

Gli scenari di violenza si ampliano ed emergono le domande più scomode

La morte di così tanti giovani non deve essere vana

Non era molto alta. I suoi capelli bianchi e le sue rughe rivelavano una personalità dolce e forte al tempo stesso. In due occasioni mi chiese di accompagnarla a visitare la tomba del suo “fratello” nelle grotte vaticane. Camminava lentamente. Arrivato davanti alla lapide di marmo incastonata nel terreno, ho guardato l’iscrizione: “Ioannes Paulus PP. II”. A bassa voce mormorò una preghiera. Qualche lacrima le sfuggì dagli occhi. Il suo nome era Wanda Poltawska.

Fu catturata dalla GESTAPO nel 1941. Fu torturata a Lublino. Successivamente venne portata nel campo di concentramento di Ravensbrück, dove i nazisti eseguirono esperimenti indicibili e mutilazioni sul suo corpo. Fu rilasciata nel 1945. Morì nel 2023.

Incontrarla nel 2006 ha avuto un impatto enorme su di me. Sapeva che il suo “direttore spirituale” era stato Karol Wojtyla.Non conoscevo però il suo libro “Ho paura dei miei sogni” in cui racconta il suo soggiorno nel “Lager”. Quando l’ho letto, ho capito che l’assurdità della violenza sistematica supera la nostra capacità di comprensione. Ricordo che la professoressa Poltawska, nelle ultime pagine, racconta un particolare che riassume parte dell’orrore da lei vissuto. Un giorno nel campo di concentramento, il dottor Karl Gebhardt, uno dei più famosi dottori criminali che lavoravano per le SS, le si avvicinò e le sussurrò all’orecchio: “Was für ein hübsches Mädel! Che bella ragazza!” Mentre esaminava le sue gambe deformi e mutilate, sulle quali erano stati eseguiti vari esperimenti. La perversità della scena è impressionante.

Come è possibile che un essere umano diventi malvagio? Cosa deve succedere dentro una persona apparentemente normale perché cauterizzi la propria coscienza e proceda agli abusi più vili, alla tortura spietata e, infine, all’omicidio? Cosa significa per una società il fatto che ci siano sicari e complici di sicari che organizzano la scomparsa e la morte di migliaia di persone? Che senso ha trasformare in cenere tanti corpi umani malconci?

Sappiamo tutti ormai che questi scenari non sono insoliti in Messico. La controversia sull’esistenza di crematori o semplici fosse di incenerimento, sul numero esatto di persone scomparse o sul numero di esecuzioni al giorno sarà sicuramente utile per l’analisi ufficiale. Ma la cosa più rilevante è che questi scenari ci mostrano chiaramente che la morte governa comunità, territori e istituzioni. Inoltre, la violenza cerca di essere normalizzata come meccanismo di intimidazione sociale e di soppressione di ogni solidarietà e resistenza fraterna.

Penso ancora a Wanda Poltawska, che ha lottato per la dignità umana per tutta la vita. Non dobbiamo accettare che sia il male a definire le regole del gioco. Il sacrificio di tanti giovani assassinati negli ultimi anni non deve essere vano. Chi cerca di cancellare le proprie storie con la benzina e il fuoco ha l’obiettivo metafisico di annullare completamente l’altro. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che chi commette un’ingiustizia viene meno alla sua umanità, mentre chi subisce un’ingiustizia afferma silenziosamente per tutta la vita, e fino all’ultimo momento, che la sua dignità è trascendente e inalienabile. In altre parole, anche nell’umiliazione più estrema, la dignità di ogni persona non viene estinta. È indistruttibile. Ed è per questo che la lotta per la giustizia non perde mai il suo significato.

Rodrigo Guerra

Doctor en filosofía por la Academia Internacional de Filosofía en el Principado de Liechtenstein; miembro ordinario de la Pontificia Academia para la Vida, de la Pontificia Academia de las Ciencias Sociales; Secretario de la Pontificia Comisión para América Latina. E-mail: [email protected]