“Il Signore è con noi e si prende cura di noi, soprattutto nei luoghi della prova”
Santa Messa. Giubileo del Volontariato Mondiale: Parole di Papa Francesco nella Prima Domenica di Quaresima

Il 9 marzo 2025, in Piazza San Pietro, è stato celebrato il Giubileo del Volontariato Mondiale con una speciale Santa Messa. L’omelia, preparata da Papa Francesco, è stata letta dal cardinale Michael Czerny. In esso, il Santo Padre ha offerto profonde riflessioni sul significato della Quaresima e sul ruolo essenziale del volontariato nella società odierna.
Gesù nel deserto: un cammino di obbedienza e di prova
L’omelia è iniziata ricordando come Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto (Lc 4,1), luogo di silenzio che diventa spazio di ascolto e di scelta tra voci contrapposte. Questo atto di obbedienza filiale allo Spirito del Padre mette in luce l’umanità di Gesù, che sperimenta la fame ed è tentato dal diavolo per quaranta giorni. Questa esperienza ci invita a riconoscere le nostre tentazioni e la presenza costante di Gesù che ci guida e ci rafforza nel nostro cammino di conversione.
Le tentazioni
Papa Francesco ha approfondito tre aspetti delle tentazioni di Gesù e la loro rilevanza per noi:
- Gesù entra nel deserto in obbedienza allo Spirito, mentre le nostre tentazioni ci vengono imposte, corrompendo la nostra libertà. Ma Dio, attraverso Gesù, rimane con noi, soprattutto nei momenti di prova.
- Il diavolo cerca di allontanare Gesù dalla sua relazione con il Padre, mettendo alla prova la sua identità di Figlio di Dio. Gesù, nella sua fedeltà, trasforma questa relazione in un dono universale, condividendo il suo legame con il Padre per la salvezza di tutti.
- Gesù sconfigge il male nel deserto, anticipando la vittoria definitiva nella Pasqua. Anche se cadiamo nella tentazione, Dio ci solleva con il suo perdono, trasformando le nostre sconfitte in opportunità di redenzione e speranza.
Semi di una nuova umanità
Papa Francesco ha espresso la sua gratitudine ai volontari presenti, sottolineando il loro servizio disinteressato che segue l’esempio di Gesù. Il loro lavoro con i malati, i sofferenti, i prigionieri, i giovani e gli anziani infonde speranza nella società. Nei deserti della povertà e della solitudine, i loro piccoli gesti di servizio gratuito fanno germogliare germogli di una nuova umanità, avvicinandoci al giardino che Dio ha sognato per tutti.
Questo Giubileo del Volontariato Mondiale, celebrato all’inizio della Quaresima, ci invita a riflettere sulle nostre prove e sull’importanza di servire gli altri. Seguendo l’esempio di Gesù e la dedizione dei volontari, possiamo trasformare i deserti della nostra vita in luoghi di speranza e rinnovamento.
Testo completo:
GIUBILEO DEL VOLONTARIATO MONDIALE
SANTA MESSA
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
LETTO DAL CARDINALE MICHAEL CZERNY
Gesù è condotto dallo Spirito nel deserto (Lc 4,1). Ogni anno, il nostro cammino di Quaresima inizia seguendo il Signore in questo spazio, che Egli attraversa e trasforma per noi. Quando Gesù entra nel deserto, infatti, accade un cambiamento decisivo: il luogo del silenzio diventa ambiente dell’ascolto. Un ascolto messo alla prova, perché occorre scegliere a chi dare retta tra due voci del tutto contrarie. Proponendoci questo esercizio, il Vangelo attesta che il cammino di Gesù inizia con un atto di obbedienza: è lo Spirito Santo, la stessa forza di Dio, che lo conduce dove nulla di buono cresce dalla terra né piove dal cielo. Nel deserto, l’uomo sperimenta la propria indigenza materiale e spirituale, il bisogno di pane e di parola.
Anche Gesù, vero uomo, ha fame (cfr v. 2) e per quaranta giorni è tentato da una parola che non viene affatto dallo Spirito Santo, bensì da quello malvagio, dal diavolo. Appena entrati nei quaranta giorni di Quaresima, riflettiamo sul fatto che pure noi siamo tentati, ma non siamo soli: con noi c’è Gesù, che ci apre la via attraverso il deserto. Il Figlio di Dio fatto uomo non si limita a darci un modello nel combattimento contro il male. Ben di più: ci dona la forza per resistere ai suoi assalti e perseverare nel cammino.
Consideriamo allora tre caratteristiche della tentazione di Gesù e anche della nostra: l’inizio, il modo, l’esito. Confrontando queste due esperienze, troveremo sostegno per il nostro itinerario di conversione.
Anzitutto, nel suo inizio la tentazione di Gesù è voluta: il Signore va nel deserto non per spavalderia, per dimostrare quanto è forte, ma per la sua filiale disponibilità verso lo Spirito del Padre, alla cui guida corrisponde con prontezza. La nostra tentazione, invece, è subita: il male precede la nostra libertà, la corrompe intimamente come un’ombra interiore e un’insidia costante. Mentre chiediamo a Dio di non abbandonarci nella tentazione (cfr Mt 6,13), ricordiamoci che Egli ha già esaudito questa preghiera mediante Gesù, il Verbo incarnato per restare con noi, sempre. Il Signore ci è vicino e si prende cura di noi soprattutto nel luogo della prova e del sospetto, cioè quando alza la voce il tentatore. Costui è padre della menzogna (cfr Gv 8,44), corrotto e corruttore, perché conosce la parola di Dio, ma non la capisce. Anzi, la distorce: come dai tempi di Adamo, nel giardino dell’Eden (cfr Gen 3,1-5), così fa ora contro il nuovo Adamo, Gesù, nel deserto.
Cogliamo qui il singolare modo col quale Cristo viene tentato, cioè nella relazione con Dio, il Padre suo. Il diavolo è colui che separa, il divisore, mentre Gesù è colui che unisce Dio e uomo, il mediatore. Nella sua perversione, il demonio vuole distruggere questo legame, facendo di Gesù un privilegiato: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane» (v. 3). E ancora: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù» (v. 9) dal pinnacolo del Tempio. Davanti a queste tentazioni Gesù, il Figlio di Dio, decide in che modo essere figlio. Nello Spirito che lo guida, la sua scelta rivela come vuole vivere la propria relazione filiale col Padre. Ecco cosa decide il Signore: questo legame unico ed esclusivo con Dio, del quale è l’Unigenito Figlio, diventa una relazione che coinvolge tutti, senza escludere nessuno. La relazione col Padre è il dono che Gesù condivide nel mondo per la nostra salvezza, non un tesoro geloso (cfr Fil 2,6) da vantare per ottenere successo e attrarre seguaci.
Anche noi veniamo tentati nella relazione con Dio, ma all’opposto. Il diavolo, infatti, sibila alle nostre orecchie che Dio non è davvero nostro Padre; che in realtà ci ha abbandonati. Satana mira a convincerci che per gli affamati non c’è pane, tanto meno dalle pietre, né gli angeli ci soccorrono nelle disgrazie. Semmai, il mondo sta in mano a potenze malvagie, che schiacciano i popoli con l’arroganza dei loro calcoli e la violenza della guerra. Proprio mentre il demonio vorrebbe far credere che il Signore è lontano da noi, portandoci alla disperazione, Dio viene ancora più vicino a noi, dando la sua vita per la redenzione del mondo.
Ed ecco il terzo aspetto: l’esito delle tentazioni. Gesù, il Cristo di Dio, vince il male. Egli respinge il diavolo, che tuttavia tornerà a tentarlo «al momento fissato» (v. 13). Così dice il Vangelo, e ce ne ricorderemo quando, sul Golgota, ancora una volta sentiremo chiedere a Gesù: «Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce» (Mt 27,40; cfr Lc 23,35). Nel deserto il tentatore viene sconfitto, ma la vittoria di Cristo non è ancora definitiva: lo sarà nella sua Pasqua di morte e risurrezione.
Mentre ci prepariamo a celebrare il Mistero centrale delle fede, riconosciamo che l’esito della nostra prova è diverso. Davanti alla tentazione, noi talvolta cadiamo: siamo tutti peccatori. La sconfitta, però, non è definitiva, perché Dio ci solleva da ogni caduta con il suo perdono, infinitamente grande nell’amore. La nostra prova non finisce dunque con un fallimento, perché in Cristo veniamo redenti dal male. Attraversando con Lui il deserto, percorriamo una via dove non ne era tracciata alcuna: Gesù stesso apre per noi questa strada nuova, di liberazione e di riscatto. Seguendo con fede il Signore, da vagabondi diventiamo pellegrini.
Care sorelle e cari fratelli, vi invito a iniziare così il nostro cammino di Quaresima. E poiché, lungo la strada, ci occorre quella buona volontà, che lo Spirito Santo sempre sostiene, sono contento di salutare tutti i volontari che oggi sono presenti a Roma per il loro pellegrinaggio giubilare. Vi ringrazio molto, carissimi, perché sull’esempio di Gesù voi servite il prossimo senza servirvi del prossimo. Per strada e tra le case, accanto ai malati, ai sofferenti, ai carcerati, coi giovani e con gli anziani, la vostra dedizione infonde speranza a tutta la società. Nei deserti della povertà e della solitudine, tanti piccoli gesti di servizio gratuito fanno fiorire germogli di umanità nuova: quel giardino che Dio ha sognato e continua a sognare per tutti noi.
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