09 Marzo, 2025

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Riflessione di Monsignor Enrique Díaz: Tentazioni

Prima domenica di Quaresima

Riflessione di Monsignor Enrique Díaz: Tentazioni

Monsignor Enrique Díaz Díaz condivide con i lettori di Exaudi la sua riflessione sul Vangelo di questa domenica, 9 marzo 2025, intitolato: “Tentazioni”.

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Deut. 26, 4-10: “Professione di fede del popolo eletto”

Salmo 90: “Tu sei il mio Dio, e in te confido”

Romani 10, 8-13: “Professione di fede di chi crede in Gesù Cristo”

Luca 4, 1-13: “Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto; e lì il diavolo lo tentò”

Con il segno penitenziale delle ceneri sul capo, iniziamo il pellegrinaggio annuale della santa Quaresima, nella fede e nella speranza, ci dice Papa Francesco. La Chiesa, madre e maestra, ci invita a preparare il nostro cuore e ad aprirci alla grazia di Dio per celebrare con grande gioia il trionfo pasquale di Cristo, il Signore, sul peccato e sulla morte. Quali sono le tentazioni dell’uomo moderno? Saranno sempre le stesse: dimenticarci di Dio e cercare la nostra strada.

Le “tentazioni” di Gesù, narrate simbolicamente da san Luca, contengono in sé gli aspetti fondamentali dell’idolatria: rivalità con Dio, proibite dal primo comandamento; e la manipolazione del Signore, condannata dal secondo. Potrebbe sembrare fuori luogo e fuori tempo parlare di idolatria. Ma se riflettiamo più a fondo, vedremo che chi nega Dio si scolpisce l’immagine di un nuovo idolo e così l’uomo si inchina sempre, se non davanti a Dio, davanti ai tanti idoli che ha creato e dei quali si è reso schiavo: il denaro, il potere, lo Stato, il piacere, il capitale, la sua stessa persona, ecc.L’idolatria diventa un peccato molto attuale, perché l’uomo, dimenticando Dio, con varie manipolazioni, pone se stesso come unico centro e rifiuta Dio o lo trasforma in un amuleto al servizio dell’uomo. Ci sarà sempre il duplice pericolo che sorgano nuovi rivali di Dio o che si cerchi di degradarlo allo stato di idolo.

“Tutto sarà tuo.” I messaggi dei profeti manifestano che l’atteggiamento fondamentale che divinizza i beni di questo mondo è l’avidità, nelle sue forme più varie e declinate in diversi atteggiamenti. Esiste l’avidità che non rispetta la dignità o la vita degli altri e si presenta come un’ingiustizia diretta. L’uomo cede al fascino della ricchezza e giustifica le sue azioni per avere di più. Opprimere, rubare, frodare, condannare, accumulare case su case, campi su campi, ridurre in schiavitù i poveri, i bambini, le donne; l’aumento artificiale dei prezzi dei prodotti, l’uso di bilance truccate e una lunga serie di trucchi sono tutti giustificati dall’ambizione di avere di più e di aggiungere ingiustizia a ingiustizia. E la cosa più triste è che il cuore che si abbandona a questa idolatria non se ne rende conto, tutto sembra giustificabile. L’avidità si insinua nel cuore dell’uomo senza che lui se ne accorga e lo lascia vuoto, arido e senza sentimenti. Solo allora potremo capire che possiamo preferire il denaro alla vita di persone innocenti, che possiamo nascondere il cibo anche se gli affamati muoiono per avere qualche dollaro in più, che possiamo pagare salari miseri e sfruttare i lavoratori per ottenere profitti più alti. Ci sono certamente peccati delle nazioni e delle grandi imprese, ma nessuno è esente da questa tentazione e tutti dobbiamo rivedere il nostro atteggiamento nei confronti del denaro e dell’ambizione. Come sta il mio cuore nei confronti del denaro? Ho violato la dignità di qualcuno o la mia per denaro? Solo in Dio l’uomo trova il suo vero valore e riconoscimento.

Lascia che diventi pane.” Forse in modo più sottile, questa tentazione sembrerebbe non essere un’ingiustizia diretta, ma indiretta: l’egoismo. Che io possa soddisfare la mia fame, che io abbia diritto ai beni che considero giustamente ottenuti, che io possa divertirmi, che io possa dedicarmi alla bella vita senza preoccuparmi della sventura dei miei poveri concittadini, tutto questo mi sembra legittimo e perfino auspicabile. Ma tutte le persone che vivono in questo modo, anche se non rubano o uccidono, adorano la ricchezza. Lo fanno con il loro lusso e la loro stravaganza, considerano le loro comodità l’unica cosa importante e ripongono la loro piena fiducia nell’idolo che le fornisce. Possiamo tutti essere sedotti da questa avidità che si insinua tra le crepe del desiderio di benessere e della giustificazione di una proprietà privata che finisce per rinunciare al fratello e renderlo schiavo per offrirlo al dio della ricchezza. È l’offerta del mondo moderno al comfort, al progresso e alla moda. Questa tentazione finisce per penetrare nel cuore dei più poveri e si manifesta nel disagio e nell’angoscia provocati dalla mancanza di beni. È il desiderio di avere di più, di assicurarsi cibo, bevande e vestiti, di avere certezze per il domani e di diventare schiavi delle ricchezze. Considera il denaro l’unica soluzione. È la giustificazione del piacere e del possesso dicendo che non facciamo del male a nessuno. Significa considerare noi stessi come l’unica ragione, ma allora dov’è Dio?

Non lasciate che i vostri piedi inciampino.” Anche la manipolazione di Dio è un’idolatria molto attuale, anche se forse meno consapevole. Mettiamo Dio dalla nostra parte e cerchiamo di giustificare le nostre atrocità, dalla guerra per portare la pace alla discriminazione contro chi non crede come noi. Ci sentiamo “bene” e crediamo di essere protetti da Dio, lo manipoliamo con la nostra adorazione e le nostre preghiere, ma non cerchiamo la sua volontà e non comprendiamo che l’uomo ritrova se stesso solo quando si abbandona completamente nelle mani di Dio. È la religione della prosperità e di coloro che cercano di essere felici senza tener conto di Dio o dei fratelli.

Oggi, prima domenica di Quaresima, Cristo, con la sua risposta a queste tentazioni, ci invita a riconoscerci creature di Dio, amate da Lui, sostenute dalla sua potenza creatrice. La conversione è il cambiamento del centro della nostra vita, l’abbandono dell’egoismo e dell’avidità e il mettere Dio come unico centro. Convertirsi significa scoprire che la felicità non sta nel piacere o nel possesso, ma nel riconoscere che apparteniamo a Dio e che l’amore condiviso con i nostri fratelli è il nostro destino e la nostra felicità. Cristo, nelle sue tentazioni, ci insegna come vivere in totale abbandono alla volontà di Dio.

Fa’, Dio onnipotente, che la nostra Quaresima sia un vero deserto dove possiamo ritrovare noi stessi, dove possiamo scoprire l’immensità del tuo amore e dove possiamo comprendere che la vera conversione avviene nell’incontro con il fratello più povero e indifeso. Amen.

Enrique Díaz

Nació en Huandacareo, Michoacán, México, en 1952. Realizó sus estudios de Filosofía y Teología en el Seminario de Morelia. Ordenado diácono el 22 de mayo de 1977, y presbítero el 23 de octubre del mismo año. Obtuvo la Licenciatura en Sagrada Escritura en el Pontificio Instituto Bíblico en Roma. Ha desarrollado múltiples encargos pastorales como el de capellán de la rectoría de las Tres Aves Marías; responsable de la Pastoral Bíblica Diocesana y director de la Escuela Bíblica en Morelia; maestro de Biblia en el Seminario Conciliar de Morelia, párroco de la Parroquia de Nuestra Señora de Guadalupe, Col. Guadalupe, Morelia; o vicario episcopal para la Zona de Nuestra Señora de la Luz, Pátzcuaro. Ordenado obispo auxiliar de san Cristóbal de las Casas en 2003. En la Conferencia Episcopal formó parte de las Comisiones de Biblia, Diaconado y Ministerios Laicales. Fue responsable de las Dimensiones de Ministerios Laicales, de Educación y Cultura. Ha participado en encuentros latinoamericanos y mundiales sobre el Diaconado Permanente. Actualmente es el responsable de la Dimensión de Pastoral de la Cultura. Participó como Miembro del Sínodo de Obispos sobre la Palabra de Dios en la Vida y Misión de la Iglesia en Roma, en 2008. Recibió el nombramiento de obispo coadjutor de San Cristóbal de las Casas en 2014. Nombrado II obispo de Irapuato el día 11 de marzo, tomó posesión el 19 de Mayo. Colabora en varias revistas y publicaciones sobre todo con la reflexión diaria y dominical tanto en audio como escrita.