Ogni anno i credenti in Gesù Cristo celebrano il suo Natale, cioè la sua natività, la sua nascita, duemila anni fa. E nonostante sia una festa strettamente cristiana, questo periodo di festeggiamenti è diventato un fatto universale. In tutti gli angoli della terra si celebra il Natale, perché – in modo più o meno consapevole e conosciuto – tutta l’umanità riconosce la grandezza e il significato di Gesù di Nazareth, che ha diviso il racconto della storia in due parti: negli anni precedenti la sua nascita e anni dalla sua nascita, e che, soprattutto, ci ha lasciato in eredità il suo progetto di vita come modello e cammino per raggiungere la verità, umanizzarci ed essere felici.
Verità che consiste nel saperci figli di Dio e fratelli di tutti. Verità e cammino che ci interpella e ci spinge a costruire convivenza, società e un mondo migliore, più giusto, più solidale, più fraterno.
Festeggiamo tutti questo momento con luci, con addobbi, con anteprime, con viaggi, con incontri, con feste, con messaggi, con regali, con cene, con alberi, ecc. Ma la commercializzazione e la frenesia del Natale ci impediscono, ci impediscono, ci impediscono di incontrare il messaggio essenziale di ciò che celebriamo. Corriamo il rischio di festeggiare senza sapere cosa stiamo festeggiando, di svuotare il Natale del suo contenuto.
Il Natale è una festa e un periodo dell’anno che ha un significato universale, perché universale è anche il contenuto del messaggio che questa commemorazione ci dona. Vale cioè per ogni uomo e ogni donna che vengono al mondo, soprattutto quando si confrontano con le esperienze quotidiane di male e di disumanizzazione che viviamo e che toccano e interpellano tutti noi.
Il progetto di vita di Gesù e il suo messaggio non sono proprietà di una religione, né di una setta, né è un’ideologia o un corpo di dottrine da incatenare negli scaffali. Il messaggio di Gesù Cristo, di cui celebriamo la nascita, tocca ogni essere umano e tutti gli esseri umani, in quanto i gesti e le parole di Gesù di Nazareth ci rivelano i valori e gli ideali più intrinseci, essenziali, nobili e veri a cui ogni l’essere umano si sforza e aspira: il valore della vita, la pace, l’umiltà, il silenzio, la gioia, la dedizione generosa, sono valori universali, proprietà di nessuno e patrimonio di tutti gli uomini e donne di buona volontà, di tutti umanità.
Il primo messaggio di ciò che i cristiani chiamano «incarnazione» è che Dio vuole stare con l’uomo e ama tutto ciò che è umano: “Lo chiameranno Emmanuele, che significa: Dio-con-noi” (Es 7,14; Mt 1,22). Il Dio rivelato in Gesù Cristo ha a cuore tutto ciò che è umano, tutto ciò che è profondamente umano. Pertanto, le migliori cause umane e a favore dell’uomo sono cause di Dio. Con la sua vita Gesù ci rivela ciò che è umano in Dio e ciò che è divino nell’uomo, in ogni uomo. Pertanto, le lotte per l’umanizzazione, per la realizzazione e la dignità dell’essere umano sono lotte volute da Dio e conformi alla sua volontà e al suo nuovo mandato: «Che ci amiamo gli uni gli altri…» (Gv 13,34).
Il Natale ci ricorda anche che i cristiani e tutti gli esseri umani possono seguire Gesù, imitarlo, perché Lui è uno di noi e come noi, “simile in tutto fuorché nel peccato” (Eb 4,15; Filippo 2,6-11). E nella ricerca della verità e della felicità che tutti sperimentiamo, in Lui troviamo il modello di uomo che Dio ha e vuole per ogni uomo. Beati quindi noi che – in Gesù di Nazaret – vediamo ciò che molti avrebbero voluto vedere e non hanno visto, sentiamo ciò che noi abbiamo udito e non abbiamo potuto. (Lc 10,24ss). E, per questo, Gesù è confessato dai cristiani come «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6).
Ma, inoltre, Gesù e il suo Natale ci insegnano che le vie di Dio non sono le nostre vie e che i suoi pensieri non sono i nostri. Che la logica del mondo va contro la logica di Dio rivelata nella Buona Novella (vangelo) che è la vita di Gesù di Nazaret. E che possiamo essere esseri umani migliori e costruire un mondo migliore, nella misura in cui impariamo a pensare e ad agire come Dio. (Cfr Mc 8,27ss; Rm 12,2ss)
Perciò, mentre aspettavamo palazzi e troni, colui che confessiamo come Messia, Signore della storia, Figlio di Dio e celebrato nel Natale, passa per presepi e croci. E mentre costruiamo vite nella menzogna e nella corruzione, Egli ci chiede un’autorità che sia verità e coerenza. Mentre ci armiamo gli uni contro gli altri, il vangelo di Gesù ci chiede di amarci e perdonarci a vicenda. Mentre, con i gomiti, saliamo e cerchiamo porte larghe, Gesù ci chiede di entrare per la porta stretta, rinnegando noi stessi, per servire il dono della vita a tutti, nella fraternità universale.
Essere credenti in Cristo, quindi, non consiste nell’indossare un certo abito, né nel memorizzare un compendio di concetti o nell’essere spettatori o negoziatori di certi riti, ma nell’assumere la sua logica, la logica di Dio (1 Cor 1,18- 29; Gn 8,23; Gv 15,19) vivere e agire di conseguenza.
Con la nascita di Gesù ricordiamo anche che non può esserci tristezza quando nasce la vita. E, con la vita di Gesù, gioiamo perché nasciamo e scopriamo in Lui il valore della fragilità e dell’innocenza del bambino adagiato nella mangiatoia, dell’umiltà, del silenzio, del servizio, del perdono per la pace, del compimento delle promesse, della luce, della speranza e, soprattutto, dell’amore di Dio come Padre buono verso le sue creature per la costruzione di rapporti fraterni.
Tutto questo, contro un mondo armato di violenza e di morte, contro una cultura “leggera” in cui conta più l’involucro che il contenuto, in cui l’ostentazione e l’arroganza, il rumore e il piacere a tutti i costi, il calcolo e l’egoismo, gli interessi meschini e la commercializzazione di persone e cose.
La Buona Novella di Gesù ci chiede di costruire relazioni che non siano ingiuste, competitive, ingiuste o violente. Costruire politiche e società dove la persona prevalga sulle cose, dove l’etica prevalga sull’estetica e l’essere sul profitto. Convivenza e società dove il servizio prevale sul potere che calpesta e schiaccia e rapporti di lavoro dove la dignità del lavoratore è più importante della produzione di ricchezza.
Celebrare la nascita di Gesù è celebrare la nascita di Colui che ogni giorno ci sfida a costruire l’amore al posto dell’odio e delle divisioni; perdono, fratellanza, solidarietà e tolleranza contro l’egoismo, il classismo e la discriminazione; la vita invece della morte; verità invece di corruzione; la libertà al posto delle tante forme attuali di sfruttamento e schiavitù; ecc
Il Natale, insomma, è la festa di tutti, perché – in Gesù Cristo – scopriamo l’umano di Dio e il divino a cui tutti aspiriamo, che tutti dobbiamo realizzare, che tutti dobbiamo costruire ogni giorno, perché sia sempre essere Natale.