L’intelligenza, la vista e il resto dei sensi sono solitamente orientati verso l’esterno, verso la realtà che ci circonda, tra le tante ragioni, per conoscere e scoprire la bellezza delle cose. Ma intorno a noi non risaltano solo gli elementi della natura, ma anche le persone, “gli altri”, che anch’essi evocano, seducono e sorprendono. In risposta, l’uomo diventa una specie di escursionista nei cortili degli altri. In seguito al giro, nel retrobottega degli altri, si trovano pietre di tutti i tipi: preziose, colorate, di varie forme, grezze, appuntite, forti, fragili, piccole, grandi… Ecc., però, Le caratteristiche, la decorazione, la luminosità e l’ubicazione dei patii, senza dubbio, aggiungono valore e attrattiva alle pietre. Il patio e gli elementi in esso contenuti danno luogo a valorizzare ed evidenziare la diversità di vocazioni, talenti e circostanze. Questo panorama variopinto e variegato deve essere motivo di gioia, perché coopera con la crescita dell’economia di una società e con l’aumento della domanda che si affina sempre più per accogliere la diversità dei talenti e delle qualità.
L’uomo è capace di configurare trame mitiche secondo la sua fantasia, sensibilità o vanità; così come sognare di vivere nei cortili di coloro a cui viene attribuito il soprannome di “ricco e famoso”. Lo sguardo sul patio altrui è per lo più parziale e parziale: si vede ciò che non si ha, o ciò che abbaglia di più. Questa visione diventa positiva quando si tenta di ridurre l’assenza con lo sforzo di acquisire una qualità; e, nella seconda, quando si gode perché il bene si distribuisce e si estende senza esaurirsi in una sola persona. La diversità di vocazioni, gusti, qualità, mestieri, ecc., dovrebbe essere motivo di gratitudine a Dio perché ha domato e ridotto la monotonia.
L’uomo però non risolve né realizza la sua esistenza essendo un osservatore. La sua cosa è essere il protagonista, l’attore principale della grande storia grafica, scritta, sonora, epica, relazionale, sofferta e sempre piena di speranza della sua stessa vita. La nostra storia non è un susseguirsi di eventi che ci sorprendono, come se fosse la trama di una storia che viene raccontata. È una biografia che non consiste nel comporre scenari o dialoghi piatti, senza rilievo, senza flessibilità o movimento. Al contrario. La ricchezza della sua scrittura sta nel fatto che la trama, l’argomento e le battute mantengono, nella giusta armonia, grammatica e bellezza, le caratteristiche e le doti di ciò che l’ambiente offre, esige o detta.
Ordinariamente tra l’uomo e il suo ambiente si instaura un legame che dura solo quando plasticamente lasciano il segno e si influenzano a vicenda. Senza dubbio, la frammentazione dovuta all’inimicizia o all’eccessiva dipendenza è un effetto delle decisioni dell’uomo. L’ambiente con i suoi fatti, eventi o situazioni si presenta davanti all’uomo, non esclusivamente perché egli ne conosca le leggi, gli usi e i costumi, ma perché possa trovarvi o attribuire a essi un significato o una finalità. Le situazioni specifiche iscritte in un determinato contesto, la loro interpretazione o riflessione possono essere affrontate, separatamente o in perfetta fusione, da tre categorie: a) come date; b) nella loro prospettiva vocazionale; e c) come ingresso per lo sviluppo personale.
Come dato
La prima categoria comprende tutto ciò che si è ricevuto senza partecipazione diretta: patrimonio genetico, famiglia, patria, talenti, sesso, tra molti altri. Di fronte a quanto dato ci sono due posizioni: a) la natura (Dio) si è sbagliata nei miei confronti; b) non aveva torto, ma… Assumere che la vita sia il prodotto di un errore sarebbe come vivere negli altri o appoggiarsi stancamente a un muro osservando come l’orologio scandisce inesorabilmente il ritmo delle ore che passano; Cioè, lascia che il tempo passi senza lasciare il tuo segno personale.
Provo a fermarmi a quella, ma faccio seguito con puntini di sospensione della seconda opzione, poiché diventa un invito a partecipare come partner principale nella configurazione del progetto personale. Prendere possesso di sé è un compito di prim’ordine. Guardati con l’intenzione di conoscere te stesso, non con l’obiettivo di diventare studioso di te stesso; ma piuttosto, con lo scopo che la conoscenza di sé illumina e illumina la responsabilità permanente e ripetuta di farsi carico di “chi si è” per aprirsi al momento epico dell’accettazione di sé.
L’essere umano non è unidimensionale, piuttosto si direbbe che è multidimensionale nelle sue azioni, nelle sue azioni, nel suo pensiero, nei suoi hobby, gusti e interessi, ecc. In altre parole, il suo sviluppo ha a che fare con l’attenzione ai bisogni del suo corpo, della sua intelligenza, del suo spirito, dei suoi bisogni sociali ed emotivi. Del resto, questa esigenza non è facile da vivere con equilibrio, poiché privilegiare l’uno rispetto all’altro o agli altri problematizza il cammino verso la crescita integrale della persona. Allo stesso modo, vale la pena notare che i requisiti di tutte le dimensioni umane sopra menzionate non possono essere soddisfatti o soddisfatti simultaneamente e nel presente. Da questa prospettiva, si può intuire o percepire un certo profilo di interessi, talenti o tendenze che ogni persona ha, ma essere inconsapevoli o non intravedere il/i campo/i della loro possibile applicazione. Ragioni, molte. Tra questi, tempo, maturità, opportunità, occasione, mercato, contatti, ecc.
Vocazione e crescita personale
Il carattere vocazionale, infine, dà sostanza a un certo ambito, in cui l’agire umano si coniuga in autentica sintesi e novità tra quanto ricevuto e quanto acquisito, grazie a studi, esperienze, riflessioni, amicizie… L’uomo si fa comunica, contribuisce a il suo ambiente dalla sua squisita condizione unica e irripetibile. In questo senso, chi rinuncia a comunicare i propri talenti va controcorrente rispetto alla propria realizzazione personale, che, in sostanza, significa sospendere l’impressione della propria impronta vocazionale e, perciò, unica, nel corso della storia, della propria biografia ospitata in un certo spazio.
Gli ingresso offerti dall’ambiente, le possibilità e i limiti di ciò che viene “ricevuto” e la grande scoperta del carattere vocazionale della vita, dipendono da un fattore umano, troppo umano, rivestito di divinità, intendo la libertà. A quella capacità che, dopo aver deliberato e deciso, ci porta non solo a dirigerci verso un fine, ma ad accettarlo e ad amarlo. L’uomo è libero per natura, ma l’esperienza della scelta è sempre nuova e nuova per ogni persona. Il fuoco è un elemento della natura conosciuto a tutti allo stesso modo, ma per alcuni servirà per l’illuminazione, altri lo utilizzeranno per cuocere il cibo, non pochi lo utilizzeranno per scaldarsi in casa; Può anche essere utilizzato per accendere la miccia di una bomba artigianale a scopo intimidatorio; Quella stessa miccia verrà usata dai minatori e gli altri, guardando il fuoco, si prenderanno cura di se stessi per non bruciarsi… Lo stesso elemento e tanti significati. Colmando il divario, la stessa cosa accade nella vita professionale, sociale e personale. La libertà garantisce la pluralità delle possibilità, il che è sempre bene, rivedendole, guardandole, oppure scuotendole, come fanno prima i tennisti. Non tutte sono ugualmente coerenti, dovremo scegliere quelle possibilità che hanno maggiori possibilità di renderci migliori e realizzati.