Il cardinale Felipe Arizmendi, vescovo emerito di San Cristóbal de Las Casas e responsabile della Dottrina della fede presso la Conferenza dell’Episcopato messicano (CEM), offre ai lettori di Exaudi il suo articolo settimanale.
ASPETTO
La settimana scorsa i vescovi del Paese si sono riuniti in un’assemblea ordinaria per valutare quanto abbiamo fatto negli ultimi tre anni, eleggere nuove cariche e decidere il percorso per il prossimo triennio. Approviamo questo obiettivo generale: camminare come Chiesa profetica e sinodale, alla sequela di Gesù Cristo e guidati dallo Spirito Santo, sotto lo sguardo di Santa Maria di Guadalupe, per continuare a evangelizzare e costruire una cultura di pace, attraverso il dialogo fraterno, la giustizia e la riconciliazione, nella speranza verso i giubilei 2031-2033.
Abbiamo proposto quattro assi trasversali: 1. La sinodalità al servizio dell’evangelizzazione, per valorizzare l’ascolto di Dio e dei fratelli, integrare la conversione personale, comunitaria e pastorale e promuovere il discernimento e la corresponsabilità ecclesiale. 2. La vocazione, formazione e missione di tutti i battezzati, che comprende i ministri ordinati, la vita consacrata e i laici, valorizza la cultura vocazionale e la formazione integrale e rafforza l’identità e la missione di ogni stato di vita. 3. Illuminare il cambio d’epoca con il Vangelo, per illuminare le trasformazioni culturali e sociali, affrontare le attuali implicazioni antropologiche e integrare la cura della casa comune e l’ecologia integrale. 4. La costruzione del Regno di Dio nella giustizia e nella pace, promuovendo l’accompagnamento dei più poveri e vulnerabili, prendendosi cura delle vittime della violenza e operando per la riconciliazione e la pace a partire dalla verità.
Erano con noi la Presidente della Repubblica, Dott.ssa Claudia Sheinbaum, la Segretaria dell’Interno, Lic. Rosa Icela Rodríguez, e la responsabile degli Affari Religiosi di questa stessa Segreteria, Lic. Sono state condivise con loro le preoccupazioni sulla nostra realtà nazionale, come l’insicurezza, la violenza, la povertà, l’eccessivo taglio degli alberi, la polarizzazione sociale, la migrazione, la cura della natura e altre questioni. Da parte loro, hanno espresso la volontà di continuare a parlarne e di cercare soluzioni per risolverlo.
DISCERNERE
Non mancano persone che dicono che non dovremmo essere coinvolti in queste questioni; ma Papa Francesco, nella fedeltà al Vangelo, scrive nell’esortazione Gaudete et exultate sulla chiamata alla santità nel mondo di oggi: «Essere santi non significa sbiancarsi gli occhi in una presunta estasi. San Giovanni Paolo II diceva che “se siamo veramente partiti dalla contemplazione di Cristo, dobbiamo saperlo scoprire, soprattutto nei volti di coloro con i quali Egli stesso ha voluto identificarsi”. Il testo di Matteo 25,35-36 «non è un semplice invito alla carità: è una pagina di cristologia, che illumina il mistero di Cristo». In questa chiamata a riconoscerlo nei poveri e nei sofferenti si rivela il cuore stesso di Cristo, i suoi sentimenti e le sue opzioni più profonde, con cui ogni santo cerca di configurarsi» (95). «Il Signore ci ha chiarito molto bene che la santità non può essere compresa e vissuta al di fuori di queste sue esigenze, perché la misericordia è il cuore pulsante del Vangelo» (96).
Nessuno sminuisce l’importanza della preghiera, della meditazione con la Parola di Dio e delle celebrazioni liturgiche, ma non possiamo essere ministri di Cristo e della sua Chiesa sullo stile del sacerdote e del levita dell’Antico Testamento, che si credevano santi perché da Gerusalemme si recavano al tempio e pregavano con i salmi, ma non fecero nulla per il povero che giaceva sul ciglio della strada (cfr Lc 10,25-37). Nella fedeltà al Vangelo, il Papa, nell’esortazione Evangelii Gaudium, ci dice: «Per essere evangelizzatori dell’anima è necessario maturare anche il gusto spirituale di essere vicini alla vita delle persone, fino a scoprire che questa è una fonte di gioia più alta. La missione è passione per Gesù ma, allo stesso tempo, passione per il suo popolo. Quando ci fermiamo davanti a Gesù crocifisso, riconosciamo tutto il suo amore che ci nobilita e ci sostiene, ma proprio lì, se non siamo ciechi, cominciamo a percepire che lo sguardo di Gesù si allarga e si dirige pieno di affetto e di ardore verso tutto il suo popolo. . Riscopriamo così che Egli vuole prenderci come strumenti per avvicinarci sempre di più al suo amato popolo. Ci prende dal mezzo della gente e ci invia alla gente, in modo tale che la nostra identità non si comprende senza questa appartenenza. Gesù stesso è il modello di questa opzione evangelizzatrice che ci introduce nel cuore della gente” (EG 268-269).
E domenica scorsa, nella Giornata mondiale dei poveri, ha ribadito: «Vediamo come cresce intorno a noi l’ingiustizia che causa il dolore dei poveri; Ci lasciamo però trasportare dall’inerzia di chi, per comodità o pigrizia, pensa che “il mondo è così” e “non posso fare niente”. Così, anche la fede cristiana si riduce a una devozione passiva, che non infastidisce i poteri di questo mondo e non produce alcun impegno concreto di carità.
La speranza cristiana, che ha raggiunto la sua pienezza in Gesù e si realizza nel suo Regno, ha bisogno del nostro impegno, ha bisogno di una fede che opera nella carità, ha bisogno di cristiani che non si ignorino. Chiediamoci: chiudo un occhio quando vedo la povertà, il bisogno, il dolore degli altri? Ho la stessa compassione del Signore verso i poveri, verso chi non ha lavoro, non ha da mangiare, è emarginato dalla società? (17-XI-2024).
ATTO
Noi vescovi, se vogliamo essere fedeli a Gesù, dobbiamo fare nostro il dolore della gente, che si sente disorientata e senza speranza. E tutti i seguaci di Gesù devono fare lo stesso: lasciare che l’angoscia del nostro popolo ci ferisca e fare quello che possiamo per invertire questa situazione di violenza e insicurezza, cercando l’opportunità di parlare con le autorità e facendo anche qualcosa di piccolo per aiutare e proteggere coloro che soffrono.