02 Aprile, 2025

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Riflessione di Mons. Enrique Díaz: I pacifici seminano pace e raccolgono frutti di giustizia

XXV Domenica Ordinaria

Riflessione di Mons. Enrique Díaz: I pacifici seminano pace e raccolgono frutti di giustizia
Pace © Alba Montalvo

Mons. Enrique Díaz Díaz condivide con i lettori di Exaudi la sua riflessione sul Vangelo di questa domenica, 22 settembre 2024, dal titolo: “I pacifici seminano pace e raccolgono frutti di giustizia”.

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Sapienza 2,12.17-20: “Condanniamo il giusto a una morte ignominiosa”

Salmo 53: “Il Signore è colui che mi aiuta”

Giacomo 3,16-4,3: “I pacifici seminano pace e raccolgono frutti di giustizia”

San Marco 9,30-37: “Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato – Se qualcuno vuole essere il primo, si faccia servo di tutti”

Quando stavamo appena uscendo dalla pandemia e ci chiedevamo confusi cosa sarebbe successo dopo e sentivamo parlare di nuove mutazioni e nuovi virus, un vecchio, che era miracolosamente sopravvissuto, mi disse che non aveva paura di quei virus. Che avevo più paura del virus “tripla P”, che è più contagioso. “Il virus tripla P?” gli chiede qualcuno con la faccia interrogativa. “Sì”, risponde con disinvoltura, “è il virus del potere, del possesso e del piacere. È molto difficile trovare qualcuno che non lo prenda. È quasi mortale e contro di essa ci sono pochissime difese. Fine delle nazioni, degli amici e perfino delle famiglie. È molto pericoloso”. San Paolo ci dice qualcosa di simile che dove c’è invidia, cattive passioni e rivalità, c’è disordine e non si trova la pace.

Che contraddizione! Mentre a Gesù viene annunciato che si consegnerà nelle mani degli uomini, che il suo amore e il suo servizio lo porteranno alla morte, ma che ci sarà una risurrezione, i suoi discepoli, coloro che più hanno assorbito la sua dottrina e i suoi insegnamenti, coloro che hanno visto il suo esempio, hanno lottato per i primi posti! Ecco quanto sono contrastanti le vie di Dio e le vie dell’uomo. Anche oggi, anche se sembra che siamo vicini a Gesù, cadiamo nella tentazione di strappare e lottare per i primi posti. Così “l’Uomo della Croce” continua a essere condannato a “una morte infamante”. La sua presenza e le sue parole sono motivo di imbarazzo e confusione per chi intende avere campo libero per la propria poco trasparente operatività. I detentori del potere, del sapere e dell’avere, i promotori di strumenti di morte, i dipendenti del mercato del sesso e del successo, non tollerano alcuna critica o discussione.

San Marco è molto eloquente: Cristo spiega che dovrà essere consegnato alla croce, ma i discepoli «non capivano quelle parole e avevano paura di chiedere spiegazioni». L’incomprensione del messaggio di Gesù continua nel corso della storia. E oggi dobbiamo anche riconoscere che non abbiamo capito queste parole e la cosa più triste è che anche noi abbiamo paura di chiedere spiegazioni che ci compromettano. È vero che abbiamo riempito di croci le cime dei monti, è vero che nei nostri luoghi non mancano i bellissimi crocifissi, ma non possiamo dire di aver imparato la logica del crocifisso. Discussioni per i primi posti, litigi e gelosie, invidie e inciampi, sono elementi che compaiono nelle nostre comunità. È l’arma dei politici per conquistare voti, è una tattica delle grandi aziende, è la strada che molti seguono per andare avanti: abbattere il fratello per scavalcarlo. Cristo sconvolge gli schemi della società, sempre pronto ad elevare i primi e a disprezzare i secondi, in virtù della vanità, dell’orgoglio e dell’ambizione. L’esigenza di essere gli ultimi e i servi di tutti contraddice certamente la storia della convivenza umana, ma è l’esempio di Gesù. Accogliere e servire Dio, appartenere alla comunità di Gesù, implica accogliere e servire l’ultimo, colui che non conta. È l’opzione per i poveri, il criterio per conoscerci come discepoli di Gesù.

All’improvviso in qualche azienda o azienda commerciale sentiamo queste parole di benvenuto: “Siamo al vostro servizio, servirvi è la nostra missione…” Oppure, nelle campagne politiche, i candidati corrono sempre per “servire il popolo”. Ma per loro servire ha un altro significato. Si stipula un piano di marketing e i piccoli sono costretti a essere i servi dei potenti, a fungere da tappeto su cui calpestare, a essere utilizzati per il profitto migliore. Quando Cristo ci dice: “Se qualcuno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. Lui è serio, non è apparenza, né affari. Non è il servilismo che si pretende da chi ha di meno per poter guadagnare qualche pesos. Il servizio è un impulso vitale di ogni comunità cristiana. Il vero discepolo guarda Gesù, lo contempla servire con piena libertà, portando il suo servizio fino alla radicalità del dono della vita, e decide di seguire il suo esempio. Non è una persona che “presta servizi”, ma fa dono generoso di sé alla ricerca del bene integrale della persona, della crescita della comunità e dell’emergenza del Regno.

I discepoli di Gesù non riuscivano a comprendere il suo comportamento, ma alla fine si lasciarono interrogare. Anche noi oggi dovremo lasciarci interpellare e rivedere da Gesù. Lasciamo che sia Lui, con il suo sguardo amorevole, a guardare il nostro interno, ad analizzarci, a incoraggiarci ad assumere questa nuova vita. Forse dovremmo rivedere quanti piccoli e indifesi riceviamo nella nostra casa, chi sono i nostri amici, di chi ci fidiamo e quali sono i nostri progetti. Siamo sulla via di Gesù? Rivediamo anche quel tipo di collezione che stiamo trasmettendo a tutti coloro che ci sono vicini. Vediamo se siamo generosi o pretendiamo pagamenti, diretti o indiretti, da Dio, dagli amici, dai familiari, dagli estranei, dagli amici e dai nemici. Cerchiamo di vivere oggi facendo le nostre opere “gratuitamente”. Somigliamo a Gesù nel nostro modo di servire?

Dio nostro, che nell’amore tuo e del prossimo hai voluto riassumere tutta la tua legge, donaci di scoprirti, amarti e servirti nei nostri fratelli perché possiamo raggiungere la vita eterna. Amen.

Enrique Díaz

Nació en Huandacareo, Michoacán, México, en 1952. Realizó sus estudios de Filosofía y Teología en el Seminario de Morelia. Ordenado diácono el 22 de mayo de 1977, y presbítero el 23 de octubre del mismo año. Obtuvo la Licenciatura en Sagrada Escritura en el Pontificio Instituto Bíblico en Roma. Ha desarrollado múltiples encargos pastorales como el de capellán de la rectoría de las Tres Aves Marías; responsable de la Pastoral Bíblica Diocesana y director de la Escuela Bíblica en Morelia; maestro de Biblia en el Seminario Conciliar de Morelia, párroco de la Parroquia de Nuestra Señora de Guadalupe, Col. Guadalupe, Morelia; o vicario episcopal para la Zona de Nuestra Señora de la Luz, Pátzcuaro. Ordenado obispo auxiliar de san Cristóbal de las Casas en 2003. En la Conferencia Episcopal formó parte de las Comisiones de Biblia, Diaconado y Ministerios Laicales. Fue responsable de las Dimensiones de Ministerios Laicales, de Educación y Cultura. Ha participado en encuentros latinoamericanos y mundiales sobre el Diaconado Permanente. Actualmente es el responsable de la Dimensión de Pastoral de la Cultura. Participó como Miembro del Sínodo de Obispos sobre la Palabra de Dios en la Vida y Misión de la Iglesia en Roma, en 2008. Recibió el nombramiento de obispo coadjutor de San Cristóbal de las Casas en 2014. Nombrado II obispo de Irapuato el día 11 de marzo, tomó posesión el 19 de Mayo. Colabora en varias revistas y publicaciones sobre todo con la reflexión diaria y dominical tanto en audio como escrita.