Mons. Enrique Díaz Díaz condivide con i lettori di Exaudi la sua riflessione sul Vangelo di questo Domenica 18 agosto 2024, dal titolo: “L’Eucaristia, nella carne”.
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Proverbi 9,1-6: “Mangia il mio pane e bevi il vino che ho preparato per te”
Salmo 33: “Prova la prova e vedrai quanto è buono il Signore”
Efesini 5,15-20: “Cercate di capire qual è la volontà di Dio”
San Giovanni 6,51-58: “La mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda”
Quando ascoltiamo le parole di Gesù, se le prendiamo sul serio, il nostro interno è scosso e tutto il nostro essere è scosso. Possiamo cadere nella tentazione di una religione troppo cerebrale o ritualistica. Ma oggi Dio si mette alla nostra portata: alla portata delle nostre mani, alla portata delle nostre labbra. In Gesù si è messo a nostra disposizione e ci dice: ascoltate, guardate, toccate, vedete, gustate; prendi e mangia; prendi e bevi. Sono parola, sono cibo, sono carne e sangue, sono via, verità e vita.
Ricordiamo un po’ di storia. Il popolo d’Israele gradualmente riempì la carne e il sangue dell’agnello pasquale di significato e simbolismo. La stessa cosa è successa con il pane azzimo. Da semplice motivazione rurale, da feste pastorali, acquistarono il significato di liberazione. La carne dell’agnello pasquale o il pane azzimo non sono solo la gustosa merenda di un paese contadino che si riunisce per gustare ciò che ha realizzato con tanto lavoro. Non hanno nemmeno la gioia entusiastica di chi ringrazia Dio per le greggi o i raccolti ed eleva canti e preghiere per i frutti ricevuti. Pane, carne e sangue hanno un significato molto più profondo: sono il segno della liberazione di un popolo che ha sofferto il giogo dell’oppressione e che, attraverso la mano potente di Dio, ha raggiunto la libertà. Il sangue che macchia gli architravi richiama e ricorda le opere del Signore; la carne, arrostita, mangiata in fretta, ricorda i primi passi verso la liberazione e rende presente, in questo giorno e in questo momento, il Dio liberatore; Il pane azzimo, appena messo sul fuoco in fretta, fa rivivere il cammino nel deserto, sotto la mano protettrice del loro Dio. Parlare di pane, di manna, di sangue e di carne non è parlare di segni di poco conto, è toccare le fibre più intime di un popolo.
Ebbene, in quelle fibre intime, nella carne viva, nell’intimità più profonda e sacra delle persone, è dove è presente Gesù: “il pane che sto per darvi è la mia carne, perché il mondo abbia la vita”. Non sarà più la carne né il sangue dell’agnello, non sarà più il pane azzimo, sarà Gesù stesso a farsi cibo perché l’uomo abbia la vita. Il termine “carne” designa la condizione terrena di Gesù (“il Verbo si fece carne”) e il fatto che ora diventa cibo. L’Incarnazione non è solo presenza, ma dà vita, salva e nutre. L’Incarnazione non è un’apparenza, ma una realtà di Gesù che, fattosi carne, si inserisce profondamente nelle aspirazioni di ogni uomo, dà loro senso e le realizza. Cristo non rimane in superficie, né si accontenta delle apparenze, Cristo entra carne viva nella storia dell’uomo, di ciascuno degli uomini. Si lascia toccare, sentire, annusare, spezzare e ingoiare. Non è un’ideologia che viene appresa, modificata e distorta. È la carne che si mangia e che dà la vita. Dio entra in noi attraverso la via più naturale, quella dei sensi. Lo si sperimenta in ogni pasto condiviso, in ogni pane distribuito e in ogni Eucaristia celebrata.
Quando ci comunichiamo non può, o non deve restare, un atto meramente esterno. Tra Cristo e il credente si crea una comunione reciproca, a tal punto che Cristo ci dice: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”, un dimorare costante e stabile. Chi crede in Gesù e vive con Lui in comunione di fede e di amore è misteriosamente introdotto nell’amicizia divina. Il “mangiare la carne di Cristo” ci coinvolge in tutto il suo dinamismo pasquale. Entriamo nella sua resa, morte e risurrezione. Non è facile per il mondo ebraico assimilare le parole di Gesù e ciò provoca loro scandalo. Anche per noi non è facile assimilare e comprendere in profondità queste parole di Gesù. C’è chi intende la comunione come un atto partecipativo a un evento sociale, molto comunicativo, molto emozionante, ma che rimane esterno e non implica trasformazione interna. Si entra per vivere tutto il mistero del dolore e della sofferenza di Cristo, si partecipa alla carne viva della sua stessa missione e si sperimenta la propria risurrezione. Così profonda, così compromettente e così mistica è la comunione.
Il banchetto è simbolo di comunione e intimità. Se poi in questo banchetto abbiamo come cibo la Carne e il Sangue di Gesù, esso acquista una forza e un’integrazione formidabili. Ogni Eucaristia ci rende più simili a Gesù e apre mille possibilità di incontro con i nostri fratelli e sorelle. Anche oggi dice a ciascuno di noi che Egli è pane, carne e sangue per la nostra vita. Come vivo l’Eucaristia e come faccio esperienza di quel “rimanere” in Gesù? La carne, il sangue e il pane sono elementi che mi conducono alla piena e completa liberazione? Mi affidano al mistero della salvezza?
Padre nostro, che vuoi che la nostra Comunità sia un esempio di fraternità, di comunione, di condivisione, di vivere l’Eucaristia come fonte e culmine della nostra vita cristiana, fa’ che, uniti a Cristo, possiamo cercare la vita piena per tutta l’umanità. Amen