Tagle: Per essere missionari dobbiamo avere la gratuità nel cuore

Se il nostro orizzonte è solo quello del successo e del profitto, corriamo il rischio di preferire i rapporti “con gli amici” o gli “appuntamenti” generati dall’intelligenza artificiale e di non vedere “i doni nelle persone in carne ed ossa”

“Prima di venire qui ho chiesto al Santo Padre se aveva un messaggio per voi. Mi ha detto: ‘conversione all’Eucaristia’”

Così ha esordito il cardinale Luis Antonio Tagle nell’omelia con cui ha concluso il Congresso Eucaristico Nazionale degli Stati Uniti, svoltosi al Lucas Oil Stadium di Indianapolis. Il cardinale ha raccolto l’invito di Francesco a riflettere sul legame tra conversione eucaristica e conversione missionaria, poiché, come ha sottolineato, il Congresso “continuerà a essere inviato da missionari eucaristici”.

Relazioni artificiali

Con il primo punto, che ha chiamato “Missione e dono”, il pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione si è fermato alle pagine del Vangelo in cui Gesù parla della sua missione. Cristo, ha detto, “ha la profonda consapevolezza di essere stato inviato” dal Padre e “inviato per essere donato”. Il missionario – ha sottolineato il card. Tagle – “è un dono” e forse – ha osservato – “dove manca lo zelo missionario, forse è dovuto in parte a un indebolimento dell’apprezzamento per i doni e la gratuità”.

Se questo orizzonte scompare – ha proseguito – “se il nostro orizzonte è solo quello del successo e del profitto, non c’è posto dove vedere e ricevere doni gratuiti”.

Alcune persone – ha osservato anche il cardinale – “preferiscono relazionarsi con ‘amici’ o ‘appuntamenti’ generati dall’intelligenza artificiale perché non vedono doni nelle persone in carne e ossa”. E a questa constatazione sono seguite una serie di domande rivolte alle coscienze di uomini, donne, sacerdoti e laici, vescovi e padri e madri di famiglia, esortandoli a donarsi come ha fatto Gesù.

Non perdiamo i nostri cuori

Ma “Gesù è un dono o un problema”, ha proseguito il cardinale filippino, passando al secondo punto. Quando disse ai discepoli che accoglierlo “significa prima credere in lui, e poi mangiare la sua carne e bere il suo sangue”, essi “cominciarono a dubitare” e molti lo abbandonarono.

“E anche a questo punto il cardinale Tagle ha posto un’altra serie di domande che andavano dritte al cuore: “È possibile per noi discepoli contribuire all’allontanamento degli altri da Gesù”, all’allontanamento dalla fede?”

Le nostre comunità parrocchiali offrono un’esperienza di vicinanza e di cura di Gesù? Le nostre famiglie sono ancora le principali educatrici e trasmittenti della fede? I giovani si sentono ascoltati e compresi nella loro ricerca di Gesù?


Molte delle cosiddette persone “nascoste” – i poveri, gli immigrati, gli anziani, i senzatetto, gli indigeni – “potrebbero sentirsi stranieri”. Ma, è l’invito, “non scoraggiamoci. “Gesù non si stancherà di venire a noi con il dono di se stesso, anche se ferito”.

Gesù non si impone a nessuno  

Parlando nel terzo punto dell’aspetto missionario, meglio ancora dei “missionari eucaristici”, il cardinale Tagle è tornato al momento in cui Gesù chiede agli apostoli se pensano di lasciarlo anche loro. Vorrei, era la speranza del cardinale, “che possiamo rispondere come San Pietro: rimarrò con voi. Rifiutiamoci di vivere lontani dalla tua presenza”.

“Ma queste – ha sostenuto – non devono essere parole vuote. Come San Pietro, dobbiamo credere con convinzione. Gesù non si impone a nessuno. “Fa appello alla nostra libertà interiore”. Il pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione ha chiesto ai missionari di andare a condividere “la tenerezza di Gesù” con le persone stanche, con chi ha bisogno di compassione.

Nella lettera che mi ha inviato, il cardinale Tagle ha detto anche: “Papa Francesco ha espresso il desiderio che ‘i partecipanti al Congresso, pienamente consapevoli dei doni universali che ricevono dal cibo celeste, possano trasmetterli agli altri’”.

Un’esperienza

Il Cardinale Tagle ha concluso condividendo un’esperienza. Come parroco, aveva notato una donna “straordinariamente dedita alla Chiesa”, che arrivava presto la domenica per aiutare in tutte le messe e altre attività, e tornava a casa solo quando la chiesa era pulita e le porte chiuse.

Un giorno, ha ricordato, “l’ho ringraziato per la sua dedizione e ho ringraziato la sua famiglia per avergli permesso di servire. La sua risposta mi ha sorpreso: ‘Padre, non preoccuparti per la mia famiglia. Resto qui in Chiesa e partecipo a tutte le messe perché non voglio vedere né mio marito né i miei figli. Vorrei che tutti i giorni fossero domenica per poter evitare la mia famiglia.’”

“Cari amici – ha concluso il cardinale – quando il sacerdote o il diacono dice: ‘La Messa è finita. Vai in pace, vai per favore! Andare. Ciò che hanno udito, toccato e gustato, devono condividerlo con gli altri per ‘la vita del mondo’.”