10 verità sull’aborto

Anche per minorenni

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La recente pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale che conferma la modifica della legge sull’aborto introdotta da Irene Montero nel senso di non rendere necessaria l’autorizzazione dei genitori affinché le minorenni di età superiore ai 16 anni possano abortire, approfondisce le profonde ingiustizie di questa legge che minaccia la vita, la salute e la dignità delle persone. A questo proposito presentiamo in 10 punti le ragioni che rendono questa legge ingiusta.

  1. L’aborto indotto consiste nel porre fine deliberatamente alla vita di un essere umano innocente nelle sue prime fasi di sviluppo. Oggi non vi è alcun dubbio che l’embrione sia un individuo della specie umana fin dallo stadio di zigote. Non vi è inoltre alcun dubbio che provocare intenzionalmente la morte di un essere umano equivale a uccidere.
  2. L’aborto non solo interrompe la vita dell’embrione, ma colpisce anche la donna che abortisce, come dimostrano molti studi correlati. Alcuni di questi sono disturbi mentali come ansia, depressione, alcolismo, uso di sostanze stupefacenti. La prosecuzione della gravidanza nelle adolescenti è un fattore protettivo che riduce del 50% il rischio di suicidio e del 40% quello di morte per altre cause. Nelle donne che hanno subito un aborto indotto, il rischio di mortalità è superiore del 170% rispetto a quelle che hanno dato alla luce un bambino vivo. Inoltre, hanno il doppio del rischio di morte nell’anno successivo all’aborto indotto rispetto a coloro che hanno subito un aborto spontaneo.
  3. L’aborto non contribuisce alla salute sessuale o riproduttiva: è dannoso per tutte le persone coinvolte. Parlare di aborto come promotore di salute significa ignorare le prove scientifiche e costituisce una manipolazione del linguaggio che mira a confondere. Pertanto, si viola la libertà della donna che deve prendere una decisione.
  4. Nascondere o non fornire le informazioni disponibili relative agli effetti collaterali dell’aborto viola anche la libertà delle donne, alle quali viene impedito di prendere decisioni autonome debitamente informate. Anche la soppressione del periodo di riflessione e il mancato obbligo di fornire informazioni sulle alternative all’aborto che le consentono di portare avanti la gravidanza costituiscono attacchi alla sua capacità di prendere decisioni libere.
  5. L’aborto non è un diritto. Sì, è il diritto alla vita, a cui si oppone.
  6. Non esistono circostanze che legittimano un aborto: uccidere è sempre uccidere. Nemmeno il peggiore dei crimini contro una donna, come lo stupro, giustifica la morte di una persona innocente.
  7. L’aborto è dannoso per la società che lo promuove: contribuisce al grave deficit di natalità che colpisce le società sviluppate, che si avviano verso un inverno demografico.
  8. L’aborto è un indicatore di decadenza nelle civiltà che lo sostengono: “La qualità di una civiltà si misura dal modo in cui tratta i suoi membri più deboli” (J. Lejeune)
  9. I dati pubblicati sul numero degli aborti non riflettono la reale portata del problema: molti degli aborti chimici che vengono praticati in numero crescente non vengono dichiarati né conteggiati. Le tecniche di riproduzione assistita causano più morti di embrioni umani per scarto che per aborto indotto.
  10. Facilitare l’accesso all’aborto per le donne che vivono una gravidanza indesiderata senza altre alternative significa privarle dell’aiuto che consentirebbe loro di portare avanti la gravidanza. Non fornire risorse per aiutare queste donne a portare avanti la gravidanza costituisce un attacco ai loro diritti, alla loro dignità e alla loro libertà.

Julio Tudela – Istituto di Scienze della Vita – Osservatorio di Bioetica – Università Cattolica di Valenci.